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“Come Glielo Dico? 2”


di quartofederico
27.06.2023    |    9.789    |    8 9.5
"…" non concluse la frase, ma si alzò e mi stese la mano per invitarmi a seguirla..."
Non so per quanto tempo rimasi chiusa in macchina, assorta nei miei pensieri. Il film di quella decina di giorni, mi passò davanti agli occhi, facendomi rivivere, momento per momento, fotogramma per fotogramma e quasi con la stessa intensità, quello che avevo vissuto. Ma furono le ultime sequenze a riportarmi alla realtà. Avevo tradito mio marito, ma avevo ancora, nella mente e nel corpo, la bellissima sensazione di aver goduto. Sobbalzai al suono del cellulare. Guardai: era Lucio. Non risposi, ma misi in moto e mi allontanai dal parcheggio dell'albergo. Quei pochi chilometri, li percorsi velocemente e, giunta nei pressi dell’esercizio, mi fermai al bar. Avevo fame, mangiai una graffa con crema e bevvi un caffè. Fuori dal bar, riprese a suonare il cellulare e, senza esitare, questa volta risposi:
"Pronto, amore, ma dove sei?" chiese mio marito.
"Ciao sono al bar - risposi, cercando di esser più credibile possibile - ti avrei richiamato, ma hai fatto prima tu"
"Ma... tutto bene? Ti sento strana... è successo qualcosa?"
Cosa rispondere? Feci un profondo sospiro e, quasi fosse in presenza, abbassai gli occhi per dire:
"Sì, tutto bene, tu quando torni?"
"Lo sai, venerdì sera, ora scappo: mi stanno aspettando. Ciao"
Risposi con il mio ciao e poi il click del telefono mi tolse momentaneamente dall'imbarazzo.
Quattro passi e fui in negozio. Maria stava mettendo in ordine uno dei due banchi e, come mi vide, contenta mi chiese come era andata. Possibile che pure lei era nelle manovre di Marcello? Con un uomo dalla mente diabolica come la sua ci si poteva aspettare di tutto.
"In che senso?" chiesi poggiando la borsa su uno sgabello.
"Intendevo dal commercialista. Comunque, stamattina si è lavorato abbastanza e soldi, scontrini, bancomat e talloncini della merce, li ho messi da parte per farglieli vedere" rispose quasi intimorita.
Guardai senza darci troppo peso, e poi riposi il tutto in cassa, senza ulteriori commenti. Debbo dire che era stata brava, aveva fatto, da sola, delle buone vendite e questo a dimostrare ancora una volta che non era affatto una apprendista.
Uscì dalla boutique per andare a mangiar qualcosa e, una volta sola mi resi conto di essere stata, veramente sgradevole nei confronti della ragazza. Decisi che, alla prima occasione, le avrei chiesto scusa. Intanto, che fine aveva fatto il mio amante? Non si era più sentito, mica starà ancora dormendo.
Avrei potuto chiamare io, ma mi sembrò poco dignitoso. Un sorriso ironico accompagnò questa mia riflessione e tra me e me pensai:
"Guarda chi parla di dignità?!"
In ogni modo, non ero affatto pentita. Forse potevo temporeggiare un po', invece di buttarmi subito tra le sue braccia. Comunque mi era piaciuto e poi la scarica di adrenalina che davvero ci voleva.
Il tran ¬- tran di tutti i giorni, il desiderio che calava, l'insistenza di Lucio che voleva trasgredire, gli anni che avanzavano, forse, mi fecero cogliere la palla al balzo. E poi, Marcello, un bell'uomo che si interessava a me fu la vera goccia che, davvero, fece traboccare il vaso. Il corso di questi pensieri fu interrotto dal ritorno della "stagista" e il pomeriggio, davvero impegnativo, mi diede modo di far riposare la mente.
Alle otto in punta, Maria mi diede una mano a chiudere e, mentre abbassavo la serranda, la sua mano sfiorò la mia.
"Mi scusi" disse ritraendola, e fu allora che capii di chiederle scusa per il mio comportamento.
"Ti va di darmi del tu? - chiesi e senza attendere risposta - Volevo scusarmi per come ti ho risposto oggi."
Non rispose, ma mi regalò un sorriso che davvero mi fece bene. Fu solo allora che la guardai più a fondo.
Ventidue, ventitré anni, mingherlina, ma tutto sommato con un corpicino gradevole. Anche il viso era bello, tondo ed aggraziato, con due occhioni neri, come il colore dei suoi capelli. Raggiungemmo il parcheggio assieme e, prima di salire nelle nostre vetture:
"Allora, ciao, a domattina" le dissi, e lei, guardandomi fisso negli occhi:
"A domani, buonasera" ed entrò nella sua auto.
A casa trovai i ragazzi affamati, che aspettavano la loro mamma. Cenammo tutti e tre assieme e, poi, ognuno di loro ritornò alle proprie cose, non prima di avermi dato il bacio della buonanotte.
Accesi la tv e feci zapping, finché non trovai qualcosa di decente da guardare. Il telefono di casa squillò: era mio marito. Voleva sapere come era andata e poi, dei ragazzi e poi ancora se avevamo cenato. Solite cose, che, forse, in un altro momento, avrei gradito approfondire. Avevo fretta di chiudere, avevo la netta sensazione che, da un momento all'altro, potesse trillare il mio cellulare.
Che brutta sensazione! Avevo interrotto in fretta la telefonata con mio marito, per la voglia di sentire il mio amante? Sonia, che ti sta succedendo? Mica te ne stai innamorando? Avevo bisogno di riflettere. Chiarire, in primis, con me stessa! E mentre rimuginavo, il cellulare suonò per davvero. Sentivo che era Marcello e, per ripicca, non risposi subito. Solo al terzo o quarto squillo, dissi:
"Pronto?"
"Buonasera, ma dove eri? Come va?"
"Bene, e a te? - chiesi ironica - Adesso ti sei svegliato?"
"Hai ragione, scusami, non ho avuto un attimo di respiro. Ma perché, stamattina, sei scappata?"
"Dormivi placidamente e non mi sembrava il caso svegliarti. Potevi chiamare tu, in giornata"
Ma che stavo facendo? Mi stavo comportando come la fidanzatina trascurata? Dovevo cambiare atteggiamento, per cui:
"Comunque, per il resto tutto bene?" chiesi, in modo cortese, ma asettico.
Non rispose alla domanda e sempre incalzando:
"Domani, ci vogliamo vedere? Anche solo per un caffè, che dici?"
"Passa per il negozio, verso le undici. Pure io voglio parlarti".
"Una sola cosa: sei stata bene con me?" aveva evitato di chiedere "Ti è piaciuto?"
"Ci vediamo domani, ciao" eludendo la domanda.
In ogni caso, mi sentivo soddisfatta! Forse la novità, forse l'uomo nuovo, forse la situazione fuori dalla norma, mi faceva sentire appagata. Mi stesi semi nuda sul letto e dedicai alle mie parti intime una calorosissima carezza. Avevo ancora voglia, ma non dovevo dargliene a vedere. Sì, dovevo sistemare tante cose e saperne tante altre. Mi addormentai e credo che sognai tanto. Mi svegliai presto e, dopo essermi girata e rigirata ancora un po', mi alzai e mi rifugiai in bagno. Poi, dopo una breve colazione, mi preparai ed uscii, mentre solo allora i ragazzi si stavano alzando. Era presto per aprire il negozio e, seduta su una panchina del centro commerciale, sentii il bisogno di chiamare Lucio. Un solo squillo e rispose.
"Oilà, già fuori?" chiese sentendo il vociare di alcuni passanti.
"Sì, stamattina ho fatto prima. Sono fuori del negozio, aspetto Maria per aprire. E tu?"
"Scendo fra poco, comunque, ci sono grosse novità: domani sera ti dico tutto!"
Vedessi qua, pensai, ma cercando di esser più credibile possibile
"Non vuoi accennarmi niente?"
"No, è una sorpresa che, credo, vada festeggiata. Dai, ci sentiamo stasera; non preoccuparti per domani prendo un taxi, per il ritorno. Dai, fammi scappare. Ti amo".
Con un filo di voce: "Anche io".
Maria sopraggiunse mentre riponevo il cellulare in borsa. Mi vide e venne a sedersi pure lei.
"Buongiorno Sonia. Dormito bene?" chiese affettuosamente.
"Abbastanza. Vedo che anche tu sei cascata dal letto?"
"Comincia a far caldo e.…" non concluse la frase, ma si alzò e mi stese la mano per invitarmi a seguirla.
"Ti offro il caffè" e insieme ci dirigemmo al bar. Mi fece davvero bene, mi diede una buona carica ed ora ero pronta ad affrontare il mio...amante?
Arrivò in anticipo. Non c'erano clienti in quel momento e, mentre la mia collaboratrice sistemava uno degli scaffali, io ero fuori a sistemare la vetrina. Me lo ritrovai alle spalle e il suo tocco sulla schiena mi fece sobbalzare.
"Già qua?" dissi guardando l'orologio.
"Problemi? Vuoi che ripassi più tardi?"
" No, vieni" e mi feci seguire in negozio.
Salutò Maria abbracciandola e poi, insieme, entrammo nel retrobottega, là avevamo ricavato uno studiolo, dove Lucio riceveva i rappresentanti.
Mi sedetti dietro alla scrivania e lui sulla poltroncina per gli ospiti.
"Allora: che avevi da dirmi?" domandai.
"Hai sentito tuo marito? Ti ha accennato qualcosa?"
"Niente - facendo spallucce - cosa avrebbe dovuto dirmi?"
"lo sai che nell'azienda, occupo un ruolo molto importante, per cui ho proposto Lucio come manager, anche lui addetto alle vendite, alle mie dirette dipendenze. Il suo stipendio sarebbe triplicato. Ovviamente il negozio resterebbe aperto e dovresti occupartene tu. Tuo marito se lo merita".
"Ed io sarei il prezzo in cambio di tutto questo, vero?"
Non rispose, ma credo che ci avessi azzeccato.
"Dimmi un'altra cosa, chi è Maria?"
Ebbe, forse, un attimo di smarrimento, ma poi:
"È una dolce ragazza, figlia di un amico che non c'è più e di una donna che ha condiviso un lungo percorso di vita con me. Maria è stata una mia segretaria dal primo giorno che si è diplomata. Non c'è mai stato nulla, anche perché lei naviga sull'altra...sponda."
"Ora voglio farti io una confidenza, ma deve esser un nostro segreto. Giura! - e fece di sì con il capo - Lucio vorrebbe ampliare i nostri orizzonti..." non me la sentii di concludere.
Credo che comprese e con un sorriso di circostanza:
"Torna domani sera, vero? Domani pomeriggio, ti va di vederci? Così mi racconti tutto?"
"Dove?" già immaginando la risposta.
"Al jolly hotel, alle quattro"
Farfugliai qualcosa del tipo: "Ci devo pensare", ma forse non aspettavo altro.
Stava per alzarsi, quando io a bruciapelo:
"Sei sposato? - Non rispose ma fece no con il capo. - È un po' complicato da spiegare, mi eccito e voglio solo donne sposate e qualcuna anche con marito consenziente. È un gioco dove il trasgressivo diventa quasi legittimo".
Aveva, quindi, capito quello che prima non avevo detto esplicitamente e continuai:
"Ma abiti in albergo?"
"Per ora sì, ma non in quello dove ci siamo incontrati".
Era l'albergo dove portava le sue amanti, le sue puttane ed ora erano ancora più chiari gli sguardi ed i sorrisi del portiere ruffiano.
Questa volta si alzò e deciso
"Se l'interrogatorio fosse finito, andrei. Ti chiamo stasera"
“Ciao”, risposi scuotendo la testa e sorridendogli.
Si allontanò dallo studio e facendo ciao con la mano a Maria che era occupata con una cliente si allontanò
Rimasi nel retro, seduta alla scrivania a riflettere. Marcello sapeva, davvero quello che voleva. Riusciva ad affascinare e, senza remore, raggiungeva il suo scopo. Perfino la mamma di Maria era caduta tra le sue braccia e, credo proprio, anche prima della morte del marito. Forse ci avrà provato pure con la ragazza, ma lì ha trovato un ostacolo non facilmente aggirabile.
Poi dovevo trovare il modo di dirlo a Lucio e poi coinvolgerlo. Non era bello spiattellargli in faccia, a freddo, quello che era successo, non mi sembrava una buona cosa. Forse dovevo aspettare che lui ritornasse alla carica. Ma intanto, domani, sarei dovuta andare in albergo da lui e, se da un lato non ne vedevo l'ora, dall'altro il cuore mi diceva di soprassedere. Sull'uscio Maria mi fece notare che erano già passate le dodici e mi ricordò che aveva portato due panini per far colazione.
"Vieni - dissi sgombrando al meglio la scrivania - mangiamo qui".
Mangiammo in fretta e, mentre lei sparecchiava, ritornai, in negozio. Una cliente entrò, chiedendo di Maria, poiché era da lei stata servita già il giorno prima. La chiamai e, tenendomi in disparte, guardai attentamente come la serviva. Era brava, sicuramente, se si fosse realizzato il loro progetto, avrei preteso, a qualunque costo, che rimanesse in negozio da me. Pensai, sorridendo, che ci potevamo dividere la clientela, io i maschi e lei le femmine.
Chissà che tipo di donne le piacevano. Io, una volta, diversi anni fa, ero una che, anche se fu una brevissima esperienza, aveva conosciuto l'amore saffico. Preparavamo l'esame di maturità ed una compagna di scuola si offrì per un massaggio rilassante. Di rilassante aveva parecchio, specie quando mi massaggiò tra le gambe. Ricordo che sobbalzai e poi bloccai la sua mano. Che sciocca, forse poteva valer la pena farla continuare. Dopo gli esami, ne persi le tracce.
"Maria, venga a vedere come mi sta" udimmo da uno dei camerini di prova e, mentre lei si avvicinava, io allungai il collo per dar un'occhiata anch'io. La signora, una cinquantenne niente male, nel corridoio, indossava un tanga nero ridottissimo, che le stava veramente bene. Mi avvicinai pure io e:
"Le sta benissimo, signora" anche se volle sentirselo dire da Maria.
"Oltre al nero, prendo pure quello color carne" disse alla ragazza.
Uscì soddisfatta per gli acquisti e salutandoci cordialmente, rivolse alla stagista un sorriso radioso.
"Già la conoscevi?" chiesi
"Niente, è da ieri che mi sta girando attorno, credo di piacerle. Forse..."
Non finì la frase, perché suonò il cellulare della ragazza e si allontanò per rispondere.
Era qualcuno, o qualcuna, che aveva piacere di sentire. E, pur non udendo, le risatine e lo sguardo dicevano tutto. Quando finì:
"Era una mia carissima amica, stasera ceno con lei" disse contenta.
Non volli sapere di più; per ora andava bene così. Certo erano bastate due parole di Marcello, per farmela guardare sotto un'ottica diversa.
"Ma tu, stasera, resti a casa da sola?" chiese
"No, ci sono i ragazzi, un po’ di compagnia me la fanno, per lo meno durante la cena!"
"Se vuoi unirti a noi, non fare cerimonie!"
Scossi il capo, per dire no, lei mi sorrise e continuò:
"Marcello ti ha detto di me?" domandò.
Le sorrisi, capì e scosse la testa.
"Chi è Marcello per te?" incalzai.
"L'amico di mio padre che si scopava mia madre. Sono convinta che papà era d'accordo con tutti e due. Non so, se è stato sapere e, una sola volta, vedere, che mi ha fatto cambiare idea e svoltare. Forse mi sbaglio, ma ci provò pure con me. Fu mio padre a farlo desistere. Ecco questo è per me. E per te?"
"Ci sono stata a letto, una volta. Ha architettato tutto lui. Ha allontanato mio marito con una scusa di lavoro e poi mi ha coinvolta. Va bene che mio marito anelava a qualcosa del genere, ma, forse, voleva esser presente. Ora voglio dirglielo..."
"Scommetto che gli ha proposto un lavoro migliore e di prestigio, sempre in seno all'azienda. Vero?"
"Come fai a saperlo?"
"La stessa strategia che usò con mio padre. Lui sa come colpire. Mia madre era rimasta affascinata da lui e gli ha concesso tutto. Ma proprio tutto".
"Lo vede ancora?" domandai preoccupata.
"Credo di no. Dopo la morte di papà, penso sia finita la storia con lui".
Entrò una cliente con il marito e lei subito si prodigò per servirli. Rimasi in disparte a pensare, ma con tutto quello che avevo saputo, non calò nemmeno un po' il mio desiderio per quell'uomo.
Quella sera ci salutammo come al solito vicino alle nostre auto e, nello stringermi la mano, mi diede un bigliettino.
"È il mio cellulare privato; se cambi idea, fammi uno squillo." E si allontanò.
Entrai in auto e mi allontanai dal parcheggio dei dipendenti che si stava svotando. Misi il bigliettino nella tasca della camicia ed in meno di mezz'ora ero a casa. Due dei tre figli erano in casa, ma mentre arrivò il terzo avevo già preparato l'insalata ed affettato il resto del roast beef comprato il giorno prima. Il bip del cellulare mi distolse. Era mio marito e, approfittando che eravamo tutti e quattro, feci partire una videochiamata. Era ancora in camera e fu contentissimo di vederci. Rinnovò le solite raccomandazioni e ci salutò. Sparecchiai e misi i piatti nella lavastoviglie, i ragazzi scomparirono nelle loro stanze. Presi dal frigo un succo di mele e me ne andai in salotto a guardare la tv.
Mi venne da pensare: e se telefono a Maria e la raggiungo? E che scusa potrei accampare con i ragazzi? Non so perché incontrarla mi incuriosiva. E se, invece, le rompevo le uova nel paniere? Mi sarebbe, davvero, dispiaciuto esser il terzo incomodo. Ok, ci provo, ai ragazzi potrei dire di aver dimenticato una cosa in negozio ed avvertirli che, dopo, mi sarei fermata al bar con delle colleghe. Fu un attimo e composi il numero.
"Pronto, Maria? Disturbo?"
"Assolutamente no! Se ci raggiungi, per noi sarà solo un piacere! Ti mando la posizione. Ok?"
Risposi con un ok pure io, ma credo che fosse più un ok di gioia.
Se da un lato non mi andava proprio di passare la serata tutta sola, dall'altro pensai che le rogne me le andavo a cercare con il lanternino. Comunque, zero traffico, arrivai all'indirizzo fornitomi in una decina di minuti. Parcheggiai sotto un bel palazzone e citofonai, seguendo le indicazioni di Maria.
"Sono io, a che piano?" Era la voce della mia commessa.
"Al primo piano, sali a piedi, l'ascensore è guasto!"
Percorsi il breve androne e salii quegli alti scalini tipici dei palazzi di una volta. Arrivai alla porta con il fiatone. Mi accolsero insieme. L'altra donna, pure lei giovane, sulla trentina, sovrastava Maria di una decina di centimetri. Capelli neri corti alla garçonne, snella e con un piccolo tatuaggio sul braccio sinistro. Maria mi fece accomodare e mi strinse a sé.
"Son contenta che sei venuta: ti presento Giorgia - e rivolta all'altra - lei è la titolare del negozio".
Vero che cominciava a far caldo, ma loro due erano praticamente nude. Giorgia aveva un baby doll nero, con un tanga microscopico e senza reggiseno. Le tettine, una terza scarsa, dure e ritte con i capezzoli appuntiti. Maria una sottanina da notte trasparente e sotto nulla. Era la prima volta che la vedevo praticamente nuda, lei più abbondante di seno, con i fianchi un po' più tondi, ma molto più femminile. Chissà se nelle loro intimità avevano dei ruoli e, se sì, Giulia sicuramente doveva esser quella che dirigeva.
Ero tesa come una corda di violino e, per sdrammatizzare e con la speranza che mi liquidassero, esordii:
"Ma forse, stavate andando a letto". Risero entrambe e fu Giulia a rispondere:
"Forse perché ci hai visto così vestite? Veramente guardavamo un film, abbracciate, questo sì; poi, il resto, lo riserviamo per la notte. Ma perché sei così agitata? Non ti mangiamo mica!"
Vestite era una parola grossa e fu Maria a proporre alla amica un trattamento rilassante per me.
"Sai lei dirige un centro estetico, poi è anche una istruttrice fitness. Fidati di me, conosco le sue tecniche e mi sa che non può farti che bene".
Curiosa di provare, le sorrisi e loro interpretarono quella smorfia come un segno di assenso. Maria allungò un braccio e mi attirò a sé.
"Devi spogliarti - disse - non aver paura, dopo ti sentirai un'altra" e così dicendo, pure lei si tolse la leggera sottoveste, rimanendo completamente nuda.
I miei occhi caddero là tra le sue gambe; un triangolino curato di peli, incorniciavano e nascondevano la sua vagina, che presto avrei conosciuta. Mi feci aiutare e, in quattro o cinque mosse, le due donne mi spogliarono completamente. Ero nuda e fu Giulia che, ponendosi dietro di me, pose il suo corpo a contatto con il mio. Sentire le tette dure ed il pancino posarsi tra la schiena ed il sedere, mi fece sobbalzare, ma il culmine fu quando cominciò a strofinare il serico pube sulle natiche in modo ritmato. Quasi una danza del ventre. Guardavo Maria, che stava aspettando il cenno per avvicinarsi. Giulia mi spinse in avanti ed allungò le mani per carezzare la pelle chiara del mio sedere. Avevo gli occhi chiusi, cominciavo a sentire uno strano calore. Ad un tratto mi trovai stretta tra di loro. Maria si era avvicinata ed avevo il suo seno a contatto con il mio e poi la sua gamba che allargava le mie, avvicinando così la sua vagina al mio corpo. Era bagnata ed una scia della sua bava si stava posando sulla mia pelle. Avevo gli occhi spalancati, ma era come non vedessi. Ero in un film, cominciai a sobbalzare e a muovere il bacino, trasmettendo i miei movimenti a Giulia ed a Maria che, come capì che stavo là là per godere, pose la sua bocca sulla mia.
Un bacio differente da quello che fino ad ora avevo provato. Più delicato, meno irruente, più profondo. Risposi ad esso aprendo la bocca. Si staccò e quasi a voler ricompensare i buoni propositi di Giulia, spinse la mia faccia e, girata, trovai la bocca della sua compagna già aperta e pronta ad impossessarsi della mia. Non ricordo quanto durò, so solo che, senza accorgermene, mi trovai stesa di traverso sul divano con le gambe penzoloni su uno dei braccioli e con Giulia che me le teneva aperte. Richiusi gli occhi solo dopo che la donna si era catapultata con la faccia tra di esse ed aveva cominciato a leccare. Avevo la paura di svenire, la lingua esperta raggiunse le pareti interne della vulva ed il suo frullare mi fece intendere come sarebbe bello morire così! Sollevai il capo per guardarla e, senza volerlo, lo poggiai dopo sul ventre liscio di Maria. La mano carezzava il mio seno e ne stringeva i capezzoli, mi fece sentire il sopraggiungere dell'orgasmo.
Mi arrampicai quasi per arrivare alla bocca della mia stagista e mai fu più lungo e soddisfacente il bacio che ne seguì. Venni, venni, venni! Il piacere partì dalla pancia e si divise: una scarica violenta raggiunse il cervello, un'altra fuoriuscì dalla mia figa fradicia di saliva e di umori. Credo che gli spasmi durarono un paio di minuti, per poi sopraggiungere una calma, una quiete, che mi procurò una strana sonnolenza.
Anche se avevo le palpebre abbassate, sentivo intorno a me il muoversi, il danzare delle mie nuove compagne. Si erano stese per terra sul tappeto davanti al divano e, nella posizione del sessantanove, si stavano dando piacere l'un l'altra.
Mi ridestai dal torpore non so dopo quanto tempo, ma, alzando il capo, vidi, sull'orologio a muro, che mancavano dieci minuti all'una. Lentamente mi alzai e cercai di recuperare senza far rumore le mie cose. Ero quasi vestita, quando Maria aprì gli occhi, le feci segno di non muoversi e mandandole un bacio con la mano, uscii dall'appartamento di Giulia.
Avevo fatto tardi, ma avevo perso la cognizione del tempo. Speriamo che i ragazzi...
Arrivai in breve, causa inesistente traffico della notte; entrai nella casa avvolta dal silenzio. Avevo sete, bevvi un mezzo bicchiere d'acqua e, spogliatami lungo il percorso verso la camera da letto, ebbi solo il tempo di far la pipì e stendermi nuda sotto le lenzuola. Volevo capire, ma il sonno sopraggiunse tiranno e caddi in letargo. La mattina mi svegliò mio figlio grande, non vedendomi come al solito già in cucina. Non avevo sentito la sveglia. Mi buttai dal letto, stropicciandomi gli occhi, cercai di metter a fuoco. In cucina trovai già il caffè versato e facemmo colazione assieme. Non si erano accorti di nulla e, mentre loro, già pronti, si avviavano alla loro quotidianità, io mi chiusi in bagno. Feci una doccia, mi vestii in fretta ed uscii pure io.
Ritornai, a mente fredda, all'incontro della sera precedente. Certo, il tocco della lingua, i baci, le carezze fatti da una donna ad un’altra, sono sicuramente più delicati, forse perché la sensibilità è maggiore e la conoscenza del corpo pure. Ma, per me, sicuramente, la pienezza che ti dà il maschio, è insostituibile. Lui ti possiede, lei ti coccola, lui ti penetra, lei ti sfiora, lui ti inonda, lei ti bagna. Forse perché era la prima volta e, forse, vorrò riprovarci; forse io e lei soltanto, chissà. Nel parcheggio del centro commerciale, Maria stava parcheggiando ed io scesi dalla macchina e la raggiunsi. Il cielo si stava annuvolando e, di corsa, sottobraccio, raggiungemmo il negozio.
"Oggi, il caffè lo offro io" dissi decisa, incrociando il ragazzo del bar e ordinammo, mentre i primi goccioloni cominciarono a picchiettare sulla cupola di plexiglas.
"Giusto in tempo, ci siamo risparmiate una bella inzuppata".
"Oggi sarà fiacca; con questo tempaccio chi vuoi che venga a far compere?"
"Speriamo che spiova presto" dissi pensando al mio appuntamento.
Invece...
Come dice il detto? "L'uomo propone, ma qualcun altro dispone"; l'acquazzone divenne nubifragio. La radio avvertì di un'allerta arancione, per le prossime sei /nove ore e così il mio appuntamento con Marcello saltava.
Se da un lato il non incontrarlo mi dispiaceva, dall'altro mi rendeva più facile affrontare mio marito. Poi c'era pure da raccontare della visita fatta a Maria e Giulia, la sera precedente e il troppo poteva davvero stroppiare. Maria, vedendomi assorta nei miei pensieri, evitò di chiedere il motivo, sapendo anche del ritorno di Lucio. Prima della chiusura, la pioggia smise di cadere e la mia commessa per rincuorarmi mi prese la mano e:
"Posso darti un bacio?" sussurrò e, senza aspettare risposta, poggiò le sue labbra sulle mie. Fu un bacio casto, che mi confermò ancor di più la sua vicinanza.
A casa i ragazzi aspettavano il loro papà e vollero, tutti e tre, darmi una mano a preparare la cena ed una adeguata accoglienza. Comunque, credo, che, se riuscivo a farmi coraggio ad aprirmi, forse la migliore accoglienza l'avrebbe avuta da me.
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