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Come salvare un matrimonio.... 2


di quartofederico
02.05.2020    |    15.111    |    10 9.8
"Il suo piacere durò un bel po' e si trasmise al mio cazzo con frenetiche contrazioni vaginali..."
Il lunedì mattina ero nella metro quando Adriana mi chiamò. C'era troppa gente e poco campo per cui le chiesi di chiamare più tardi.
Non se lo fece ripetere e posò.
Uscito che fui volevo chiamarla io, ma lei mi anticipò.
"Pronto - risposi - innanzitutto buongiorno, poi scusami per prima: ero nella metro e la ricezione cattiva"
"Buongiorno, scusami tu, ho deciso" - e si fermò per qualche secondo - quando potresti ricevermi?"
"Anche oggi, se ti fa piacere" risposi.
"Ok, mi faccio accompagnare da Massimo, appena rientra"
"Scusa, Adriana, voglio vederti da sola; con lui, ho già parlato".
Mi sembrò perplessa e cercò di prendere tempo; poi:
"Va bene alle sedici e trenta?" chiese
"Certo, ti aspetto a casa mia" risposi.
Andai in ufficio e passai la mattinata a scrivere una relazione.
Alle quattordici e trenta, ero già a casa.
Dovevo ripristinare il mio studio, per cui tirai il divanetto che era nell'ingresso e lo posizionai a mo' di lettino, sulla parete sotto la finestra.
Posizionai pure una poltroncina e ammirai il mio studio da terapeuta.
Fu puntualissima. La ricevetti sull'uscio di casa e ci salutammo con un abbraccio amicale.
Vestiva in jeans e camicia bianca, pettinata su per giù come il sabato precedente, ma con un trucco leggero sugli occhi, fard sulle guance e rossetto impreziosivano di parecchio la sua femminilità nascosta.
Quella prima seduta fu solo conoscitiva; mi informai sulla sua adolescenza, di come e quando avesse conosciuto Massimo; se era stato il suo primo amore, senza entrare in aspetti più intimi. Fu lei a ribadire che, "purtroppo", non aveva mai conosciuto altro uomo. Quel "purtroppo" lasciò trapelare un rimpianto, un che di nostalgico, cui non era facile rimediare.
Anche la successiva seduta fu condotta senza forzare troppo, ma qualcosa in lei stava mutando.
Ma fu alla sua terza seduta che le cose ,cambiarono in modo decisivo:
Era andata dal parrucchiere e, oltre al trucco, aveva le mani curate, e fin anche il suo sorriso si era modificato: appariva senz'altro più espressivo.
Decisi di forzare la mano e, quindi, invece che seduti sulle due sedie davanti alla scrivania, le chiesi di stendersi sul divano, che avevo predisposto come lettino.
Non fu per niente contrariata: si tolse i sandali e si stese.
Portava un vestitino leggero che, nel momento che si stese, risalì sulle gambe fin oltre il ginocchio. Per niente impacciata, non lo abbassò e cominciammo la seduta.
Ero al suo fianco sulla poltroncina e le chiesi di chiudere gli occhi e le insegnai a respirare con l'addome.
Capì subito la tecnica ed io, per aiutarla, misi una mano sotto lo sterno e le spostai il diaframma all'insù, per farla espirare con maggior facilità.
Mi lasciò fare e iniziò a respirare profondamente.
La fermai un attimo prima che aumentasse troppo la ventilazione e, quando il respiro divenne normale, le chiesi come si sentiva.
"Mi sono rilassata tantissimo" disse
"A cosa pensavi?" chiesi.
Un attimo di esitazione, poi:
" A te!" rispose
Non risposi e lei continuò:
"Ieri mi sono toccata e fantasticavo su di te"
"Ti va di raccontare?" le chiesi.
"L'idea che oggi dovevo essere qui, mi aveva fatto eccitare; non riuscivo ad avere le idee chiare su cosa volessi; aspettai di essere sola, mi misi nuda sul letto e cominciai a toccarmi. Pensavo come potesse essere fare l'amore con te" così dicendo, allungò una mano e cominciò ad accarezzare la mia gamba.
Non mi scomposi; la lasciai fare, e lei, girandosi sul fianco e guardandomi negli occhi, arrivò con la mano sulla mia patta.
Il contatto sortì un effetto immediato.
Lo sentì che si induriva, e con gli occhi che mi supplicavano, aggiunse implorante:
"Dai... non ce la faccio più!"
Mi alzai e mi posi sul lettino, al suo fianco.
Il vestito era scivolato quasi fino all'inguine; solo allora allungai le mani e le abbassai le mutandine.
Ci mise un attimo: si tolse anche il vestito ed il reggiseno.
Era nuda! Splendidamente nuda.
A mia volta, tolsi la camicia e feci cadere a terra pantaloni e mutande, così da farle svettare, quasi sul seno, il mio cazzo, duro come la pietra.
Fece tutto lei: avvicinò la bocca e me lo baciò.
Con la mano sulla sua nuca, infilata tra i suoi capelli, la spingevo sempre più verso il mio cazzo.
Lo accolse tutto in bocca, lo succhiava e lo baciava, mentre, a mia volta, raggiunsi la sua figa e cominciai a masturbarla con delicatezza.
Prima un dito, poi due, scivolarono dentro, poi le ritrassi e cominciai a toccarle il suo rigido cazzetto, impertinente e scivoloso.
Il contatto la fece ululare di piacere; scattò in piedi e si mise con la schiena a me rivolta, poggiando le mani sul divanetto.
Il culo offerto, che lei si teneva aperto, mi indusse ad inginocchiarmi e a cominciare a leccarlo.
La vagina era fradicia: profumava di femmina in calore e il suo sapore dolce, leggermente acido, mi mandò in visibilio.
Era già pronta e mimava il movimento del coito sul mio viso.
Mi alzai e puntai quella naturale apertura e la penetrai in un solo colpo.
Questa volta, più che un mugolio, fu un grido. Sentivo il mio membro perfettamente fasciato dalla sua guaina e lei, così riempita, non avrebbe mai voluto che mi ritirassi più.
Chiavammo come forsennati; ogni tanto si voltava e mostrandomi le labbra carnose, me le offriva.
Le nostre lingue erano attorcigliate in un voluttuoso bacio.
Ella aumentò il ritmo, fino a divenire scomposto; il suo culo batteva sul mio inguine e il rumore del coito si fece osceno per quanto era armonioso.
Raggiunse l'orgasmo con un lungo lamento, mordendomi le labbra fino a farmi male. Il suo piacere durò un bel po' e si trasmise al mio cazzo con frenetiche contrazioni vaginali.
Quando capì che ero allo stremo:
"Non venirmi dentro; non sto usando precauzioni" disse e, sfilandosi dal cazzo, si inginocchiò e se lo riprese in bocca.
Ripresi a guidarla con la mia mano tra i capelli e sentii distintamente salire la sborra alla superficie.
Mi trattene e non volle che mi scostassi, per cui riversai, dentro la sua bocca famelica, tre o quattro schizzi di densa crema.
Non ingoiò, ma se la fece uscire dalla bocca, facendola colare, mista alla sua saliva, giù verse le tette.
Esausta si sedette a terra, mentre io mi accasciai sulla mia poltrona.
Non so quanto tempo durò quel silenzio; fui il primo a destarmi da quel senso di torpore e, allora, sentendomi muovere, lei alzò la testa.
"Che abbiamo fatto? E ora?" chiese
Allungai una mano e le carezzai il viso, che, così rilassato, aveva acquistato nuova luce.
"Niente di male - dissi - Era una cosa naturale che ti spettava di diritto".
Lei si alzò e si diresse verso il bagno. Muovendosi, nuda, mi sembrò una donna diversa rispetto a quella che avevo conosciuto: più sicura, più decisa a riprendersi la vita.
Al ritorno, cominciò a rivestirsi. L'aiutai ad agganciare il reggiseno e approfittai del momento e della posizione per baciarle il collo.
Dovette avvertire, sul fondo schiena, la mia non sminuita erezione.
Non si divincolò, ma disse:
"Dai... non esageriamo! una cosa per volta".
La interpretai come una promessa.
Poi, in modo più che preoccupato, aggiunse:
“Ed ora? Che si fa?”
“Credo che sia necessario coinvolgere Massimo; gli parlerai tu?” dissi.
Non rispose; compresi il suo imbarazzo, ma anche la paura di affrontare il marito.
“Non me la sento, fallo tu, ti prego” lo sussurrò con occhi bassi e stringendosi nelle spalle.
Divenne uno scricciolo; non potei fare a meno di stringerla forte forte, per trasmetterle la mia protezione.
“Ok, domani lo faccio venire da me e gliene parlo” dissi
“Grazie, sei un vero… amico” e, sfiorandomi, le labbra mi diede un bacio.
Sinceramente ebbi diverse perplessità su come dirglielo, ma dovevo affrontare la situazione. Ci avrei pensato ed, in più, si sa: "la notte porta consiglio!"
La mattina successiva gli telefonai dal mio ufficio.
"Ciao, come va?" chiesi
"Bene! Ieri come è andata con Adriana?" domandò
Non risposi direttamente, ma gli proposi di poter ricambiare il pranzo, che lui mi aveva offerto qualche giorno prima.
Capì che dovevo parlargli e fissammo l'appuntamento per le tredici.
"Al solito ristorante?" replicò.
"Per me va benissimo; ci vediamo direttamente là.
Uscii dall’ufficio e, in un quarto d’ora, raggiunsi a piedi il ristorante.
Ero in anticipo; mi sedetti al tavolo e aspettai Massimo.
Lo vidi arrivare trafelato, sicuramente un po’ per il caldo, ma anche per quello che voleva sapere.
“Ciao, sei venuto prima?” chiese
“Ciao, siediti” e feci cenno al cameriere di avvicinarsi
Ordinammo e lui guardandomi fisso negli occhi:
“Allora che cosa hai da dirmi?”
“Rilassati, volevo aggiornarti sui progressi di Adriana”
Ebbe un’intuizione e disse quasi con violenza:
“Te la sei fatta vero? Ieri sera l’ho vista diversa, anche se più serena; il suo sguardo mi è sembrato più sfuggevole, ma non pensavo che….”
“Si abbiamo fatto sesso! Era una cosa che io e te avevamo preso in seria considerazione e che, per il buon esito della terapia, prima o poi doveva succedere.
Anche Adriana, come hai fatto tu, doveva verificare di essere in grado di eccitare un altro uomo; poteva, anche, non succedere con me, ma con un altro e, per giustificarsi, avrebbe potuto correre il rischio di innamorarsene e, probabilmente, l’avresti persa.
Te ne parlo per esperienza vissuta in prima persona, quindi, niente gelosia e considera la cosa come l’inizio di una nuova fase della vostra vita” conclusi con fare deciso.
Un velo di tristezza attraversò il suo sguardo, ma aveva capito.
“Come è successo? Cosa avete fatto?” chiese.
Io non me la sentivo di parlargliene, quindi:
“Di questo dovrete parlare fra voi due: tu racconterai la tua verifica, lei racconterà la sua.
Uno di questi pomeriggi ci incontriamo a casa mia e facciamo una seduta di terapia familiare, per poi vedere che cosa accade.”
Lo vidi ancora perplesso ma capii che si stava rasserenando.
“Ok, mi sta bene, dopo a casa, ne parlo con Adriana “
“Per me va bene anche sabato pomeriggio, avete oggi e domani per sistemare le vostre cose e magari rendervi liberi fino al giorno dopo.”
Annui e cominciammo a pranzare.
Per tutto il pranzo non ritornammo più sull’argomento, solo al caffè egli chiese e, stavolta, preoccupato:
“Ma avete usato qualche precauzione? Sai, Adriana è da un po’ che non usa più la pillola”
Sorridendo gli dissi:
“Tua moglie è una grande donna, tiene la testa sulle spalle e ha saputo gestire bene il tutto”
Tirò un respiro di sollievo, ma io volevo sapere un’altra cosa che non avevo avuto modo di domandare ad Adriana e chiesi:
“Fra di voi, ci sono anche rapporti anali?”
Un leggero sconcerto ma, senza chiedermi il perché, rispose di sì.
Ci stavamo lasciando così: con una stretta di mano e via; ma, vedendolo ancora frastornato, lo attirai a me e lo abbracciai, trasmettendogli così il mio sentimento di stima ed affetto.
“Ciao e grazie ancora” mi disse
Mi allontanai anch'io.
Mi sentivo abbastanza sollevato; del resto la reazione di Massimo era abbastanza prevedibile, per cui ero sicuro che, sabato, buona parte del mio compito, sarebbe stato assolto.
Mentre pensavo queste cose, squillò il cellulare: era Adriana.
“Ciao, come è andata?” giunse subito al sodo
“Credo bene, comunque gli ho detto tutto; per i particolari, che avrebbe voluto sapere, ho rimandato tutto a sabato pomeriggio, a casa mia. "Ascolta ora ti spiego quello che voglio da te” - e in poche parole le esposi il mio piano - " Comunque, io e te, non ci siamo parlati: vi aspetto sabato.”
Chiusi e ritornai in ufficio.
Quel giorno trascorse così, senza sentir più nessuno dei due.
Tornato a casa, mi rilassai, ricorrendo ad un bagno caldo.
Cenai sobriamente e tentai di guardare un film in televisione, ma mi addormentai sul divano.
Il mattino successivo prima di uscire trovai un messaggio di Massimo su Whatsapp che mi preannunciava una sua telefonata verso le undici.
Ero un tantino in ansia su cosa volesse dirmi, ma l’esperienza mi insegnava di non precorrere i tempi.
Puntuale come un orologio svizzero, alle undici il telefono squillò.
“Ciao prof. Come va?” chiese
“Bene e voi?”
“Bene, volevo dirti che per sabato è ok, ma la sera, anche sul tardi, dobbiamo tornare a casa; mio figlio, domenica mattina, ha bisogno di un passaggio: sai, egli gioca in una squadra di pallacanestro dilettanti.
Credo non ci siano problemi per te, vero?”
“Ok, nessun problema; io domani, dalle dodici in poi, sono a casa; venite, pure, quando volete.”
“Grazie, un abbraccio da parte mia e di Adriana” e chiuse
Dal tono della voce sembrava tutto procedere per il meglio; ora non restava che aspettare il sabato e portare a compimento il progetto finale.
La mattina presto uscii per fare un po’ di jogging. Ero perplesso sul se Adriana fosse riuscita ad assecondare fino in fondo il mio progetto.
Rientrai e mi preparai per l'incontro. Senza vestirmi in modo formale, optai per un abbigliamento casual: solo pantalone di lino, camicia bianca e mocassini senza calze.
Misi in ordine lo studio e poi una bella pulizia al bagno.
Poco prima delle tredici, feci una colazione leggera e, dopo, mi ritirai in studio ad aspettare i miei "pazienti".
Erano appena passate le quattordici e trenta, quando suonò il citofono:
erano loro, aprii il portone e in men che non si dica li vidi uscire dall'ascensore.
Adriana, secondo le mie indicazioni, indossava lo stesso vestito dell'ultima seduta, le stesse scarpe e lo stesso trucco.
Massimo la precedeva di un passo e fu il primo che salutai, un abbraccio caloroso e una stretta di mano, ma rimase di stucco quando, abbracciando Adriana, ci baciammo voluttuosamente in bocca.
Ovviamente il tutto era concordato e, a dire il vero, oltre l'ottima interpretazione, v'era stato anche un grande trasporto.
Massimo non disse una parola! Ci accomodammo nello studio, e prima di cominciare chiesi se avessero bisogno di qualcosa: Massimo chiese di poter andare in bagno.
L'ansia fa di questi scherzi.
Nei pochi istanti che restammo soli, Adriana esordì:
"Va bene così?"
"Sei stata grande! Dobbiamo portarlo ad un livello di gelosia e di coinvolgimento tale da capire quale sarà la sua reazione" risposi.
"Ma devo fare tutto, tutto?" insisté.
"Sì! è necessario! Spero non ti dispiaccia" proseguii.
"Affatto e, credo, ti sia chiaro quanto cercherò di esser brava"
Massimo rientrò e si sedette davanti alla scrivania insieme alla moglie.
"Allora, Massimo, vuoi iniziare tu a.... esporre?" dissi
Così raccontò come aveva consultato lo specialista, la visita, le analisi di laboratorio ed il buon esito di ogni cosa, che evidenziava che era tutto a posto e non c'era nulla di patologico.
Poi, abbassando gli occhi, raccontò anche della verifica con "l'altra donna", suggeritagli dal medico, e che, anche lì non c'erano stati problemi.
Adriana si irrigidì e, leggermente contrariata, avrebbe voluto ribattere, ma, colto un mio cenno, placò la rabbia e si preparò alla sua "confessione".
Tutto ha avuto inizio con il mio folle desiderio di masturbarmi.
Massimo la guardava sbigottito.
"Sì, Massimo, in questo periodo ho riscoperto il piacere solitario e, l'ultima volta, fantasticavo su Federico, come ce l'avesse e come poteva essere far l'amore con lui.”
"Comunque non sono brava a raccontare: propongo un "remake" di ciò che è successo l'altro giorno" disse questo con una vocina, che non nascondeva anche un pizzico di risentimento.
Si alzò, mi prese per mano e ci dirigemmo verso il divanetto.
Si distese su di esso e, come quel giorno, mi sedetti alla mia poltrona.
Allungò la mano a carezzare la mia patta e il contatto sortì l'effetto desiderato.
Mi alzai e mi sedetti sul lettino; le alzai il vestito e le sfilai gli slip.
Come la volta precedente, il resto lo fece lei.
Ella indirizzò lo sguardo verso il marito ed incrociò i suoi occhi. Credo che i loro sguardi si stessero comunicando una miriade di sensazioni: emozioni, paure, rabbia, amore.
Il resto fu molto simile al nostro precedente incontro e, quando cominciai a chiavarla, l'uomo, che si era spogliato completamente, mi tirò fuori da lei e, con il cazzo duro fuori misura, prese il mio posto.
Stavo per lasciarli soli, ma Massimo mi trattenne per il braccio e volle che restassi lì.
Mentre scopava con la moglie, le prese dolcemente la testa e la rivolse verso il mio cazzo. Lei lo guardò e, percependo un tacito assenso, avvicinò le labbra alla cappella e mi portò in estasi con un meraviglioso pompino.
Venne prima lui, scaricandole nella vagina una quantità infinita di sperma.
Si staccò da lei e, mentre lei continuava a succhiare, io presi a carezzare il suo culo. Feci scivolare la mano nel solco delle natiche e lei, appena sentì che lambivo la sua rosetta, spinse indietro il bacino così da permettere la penetrazione della falange del mio dito medio.
Forse l'effetto della sua eccitazione, forse per colpa del dito galeotto, o forse per il piacere che stava provando nel farsi vedere dal marito, il ritmo aumentò sensibilmente al punto che venni nella sua bocca con un orgasmo quasi animalesco.
Massimo ci guardava estasiato, con il cazzo ancora duro, e Adriana gli si avvicinò, gli riversò quanto aveva in bocca sulla cappella, per poi leccare e ripulire tutto.
Stremati si stesero per terra, mentre io li guardavo dall'alto della mia poltrona.
Passò più di un quarto d'ora: lei era abbracciata al marito che la baciava con una dolcezza infinita; insomma la classica coppia che tuba.
Ero soddisfatto! Veramente un ottimo lavoro e un risultato eccellente.
Andarono via felici, per essersi ritrovati.
Ormai è passato più di un anno; le cose sono andate sempre meglio.
Adriana ogni tanto passa da me, con il consenso di Massimo, per qualche terapia di sostegno; egli, poi, mi telefona, per sapere come sta la moglie.
Ormai le terapie le facevamo nella mia camera da letto, offrendomi il suo corpo e spesso anche la sua mente. Aveva ripreso ad usare la pillola contraccettiva, per cui scopavamo senza preoccupazioni.
Massimo, anche se non lo diceva, era contento per queste evasioni della moglie e credo che lei gli raccontasse tutto, la sera, nell’intimità della loro alcova.
A fine luglio, l’ultima volta che la vidi prima delle ferie e, dopo aver fatto l’amore, mi annunciò la loro intenzione di avere un altro figlio.
Comunque, andarono in vacanza nella casa al mare dei nonni, in Calabria, mentre io le ferie di agosto le trascorsi con mio figlio in Versilia.
La lucchesia: posto bellissimo pieno di gente e con dintorni stupendi che riuscii a girare, spesso da solo, in quanto mio figlio, giustamente preferiva il mare e la compagnia della comitiva di cui ormai faceva parte. Dalla Garfagnana alla val di Lima, ho visitato tanti di quei paesini e borghi pieni di storia, dove la cordialità delle persone si univa alla buona tavola.
Con Adriana e Massimo, in quel mese, c’eravamo sentiti poco, ma gli auguri di Ferragosto ce li eravamo scambiati.
Tornai a casa alla fine di agosto e mi immersi quasi subito nel mio lavoro.
Ebbi modo di sentire sia lui che lei, ma solo per scambiarci i soliti convenevoli, e non nascondo che la cosa mi sembrò un tantino strana.
Non volli entrare nel merito, anche perché, nella seconda decade del mese, dovevo partire per una serie di incontri fuori dell’Italia.
Di solito quando sono fuori per lavoro, uso solo il cellulare con il numero aziendale, per cui solo al mio ritorno a casa, ai primi di ottobre, potei leggere i vari messaggi ricevuti. Cerano due messaggi di Massimo, che mi chiedeva di chiamarlo appena possibile. Ero stanco del viaggio e con una gran voglia di dormire, per cui rimandai tutto al giorno successivo.
L’indomani fu lui a chiamare
“Buon giorno, ma che fine hai fatto, sono giorni che non rispondi!”
Gli spiegai la situazione, ma lui, con tono che non ammetteva replica, mi invitò a casa sua, anche solo per prendere un caffè: dovevano parlarmi di una cosa molto importante.
“Oggi non posso, tra poco vado in ufficio, domani pomeriggio, va bene?”
“Magnifico, Adriana ti accoglierà a braccia aperte.” mi disse.

L’accoglienza fu calorosa.
Adriana, senza remore e con il marito presente, mi baciò in bocca e mi strinse a sé più volte.
"Vieni entra" e mi condusse per mano in salotto.
“Allora noti niente?" disse, facendo una mezza piroetta davanti a noi.
“No! Non ci posso credere: detto e fatto?!” dissi con ammirazione. Difatti si notava, anche se di poco, una certa rotondità sui fianchi e il ventre più accentuato del solito.
“Sono incinta di due mesi; il mandrillo ha impiegato poco a riempirmi la pancia” disse entusiasta.
Egli si mostrava fiero di questa cosa e mi disse che, secondo lui, era successo ai primi di agosto, dopo una serata trascorsa a fare i fidanzatini sul lungomare.
Ovviamente erano felici, e il volermi rendere partecipe di quella loro felicità mi inorgogliva.
“Tu non muoverti – disse rivolto alla moglie – vado io a preparare il caffè” così ci lasciò soli in salotto.
“Com'è bello vederti felice: affiora dalla tua espressione, dai tuoi occhi, e dal tuo corpo” mi complimentai.
“Il merito è tutto tuo, dovremmo dire grazie a te, se oggi siamo qui a gioirne, ed io, in modo particolare. Quando posso venirti a trovare?”
Non riuscii a rispondere che entrò Massimo con il caffè ed ella cambiò discorso. Era chiaro che non desiderava che il mio ex alunno sapesse.
La serata trascorse molto allegramente e essi insistettero affinché mangiassimo una pizza insieme.
Si era fatta quasi mezzanotte e ritenni giunto il momento di ritirarmi.
“Vi raccomando, sentiamoci” dissi, rivolto maggiormente a lei, che mi guardò e sorrise.
“Contaci, a presto!” e, sempre davanti al marito, mi baciò in bocca.
Mi fu chiaro che quel legame che, pensavo strappato, era, in realtà, più saldo di prima.
Mi chiamò il pomeriggio successivo.
Mi ripeté la stessa cosa della sera prima: “Quando posso venire?”
“Quando vuoi... anche ora!” risposi.
“Ora non posso; ho appuntamento con la ginecologa per il controllo. Domani alle sedici ci sei?”
E così concordammo.
Il giorno successivo tornai a casa di corsa, avevo fatto tardi: mancavano pochi minuti alle quattro.
Stavo per aprire il portone, quando mi sentii chiamare.
Era Adriana; senza dire nulla, mi si mise sotto braccio ed entrammo assieme.
“Perdonami - dissi - ho fatto tardi: il mio capo sembrava quasi lo facesse apposta”.
Sorrideva guardandomi e, quando ci chiudemmo la porta di casa alle spalle, mi baciò con lo stesso ardore che, di solito, hanno gli amanti, desiderosi l’una dell’altro.
Decisa, si diresse verso la camera da letto, lasciandomi indietro a seguirla.
“Voglio spogliarti io” esclamai.
Aveva una camicetta verde chiaro, intonata ai pantaloni di colore più scuro, così come le scarpe. Mi fermai ad ammirarla, colpito dalla sensualità che sprigionava. Ella dovette avvertire quel mio sguardo lubrico e non riuscì a sostenerlo, tanto che abbassò gli occhi.
“Mi sto trasformando, ma vedo che mi trovi ancora attraente!”
“No, cara, consentimi di dire che sei ancora più bella” le dissi.
Le tolsi la camicetta e il reggipetto: il seno effettivamente si era ingrossato e, con esso, le areole si presentavano più brunite; da esse si stagliavano i capezzoli, grossi come fragoloni, e appuntiti come chiodi.
Mi abbassai per succhiarli come avevo già fatto altre volte, ma avevano un sapore diverso, un sapore che già avevo assaggiato, tanti anni prima, ma ne fui rapito lo stesso.
In un attimo fummo nudi tutti e due: lei si stringeva a me ed avvertivo tutta la morbidezza del suo corpo setoso.
Si staccò da me, che già avevo il cazzo duro e pulsante sul suo ventre e, poggiandomi un dito sulle labbra a simulare un bacio, disse:
“Vado in bagno”.
La seguii e, per la prima volta, si fece guardare mentre faceva la pipì.
Guardare una donna nella sua intimità è una cosa troppo coinvolgente ed a me è sempre piaciuto godermi quel quadretto; appena finito di mingere, passò sul bidet.
Le passai un asciugamano pulito e feci per asciugarla. Fu allora che si girò e mi mostro il suo meraviglioso culo.
“L’hai sempre voluto, vero? Ed io te l'ho promesso, ricordi? Ora, più che mai, te ne farò dono, perché te lo sei meritato. Però, con la dotazione che ti ritrovi, dovrai far piano: anche la ginecologa ha detto che posso dartelo solo a questa condizione!”
La presi tra le braccia e la condussi in camera da letto.
Era stupenda con quel pancino appena prominente. Mi stesi al suo fianco e cominciai a baciarla, carezzarla senza lasciare inesplorato alcun lembo della sua pelle vellutata, con una carica erotica sempre più intensa.
“Voglio baciartela; pensi che la ginecologa sarebbe d’accordo?” dissi con evidente ironia.
“E’ stata categorica - rispose sorridendo - solo se lui si fa baciare il suo bel pisellone!”.
“Ma non ti sembra che questa ginecologa sia un po’ troppo esigente” replicai.
Quindi, senza perdere tempo, mi posizionai tra le sue cosce, offrendole, contemporaneamente, il mio cazzo da succhiare.
La sentii più affamata delle altre volte, ma anche io non ero da meno.
Mi era mancata molto e ora volevo godermela completamente.
I suoi umori erano più densi e anche il suo clitoride mi sembrò più grosso e duro. Muoveva il bacino come a strofinarsi sul mio viso e, urlando, mi venne in bocca: aveva squirtato.
Si accasciò sul letto lasciando affievolire le contrazioni del ventre; poi, appena ripresa, fu lei stessa a girarsi e disporsi carponi sul letto. Con il viso poggiato sul materasso, spostò entrambe le mani sui glutei per aprirli ed offrirmi il suo buchetto brunito.
Mi inginocchiai dietro di lei ed affondai il viso tra quei due superbi promontori. Gli umori vaginali erano scivolati verso il perineo e lambivano il solco tra le natiche. La mia lingua saettò verso il buchino profumato; le pieghe si stavano rilassando per effetto dei miei baci, mentre il respiro, leggermente più alterato, era chiaro sintomo del piacere che stava provando.
“Dai... più dentro... voglio sentirla meglio quella tua lingua; è meraviglioso.... non fermarti” reclamava.
Avevo la faccia tutta bagnata, ma ancora non riuscivo a dissetarmi dei suoi umori.
Fu allora che mi accorsi che lei poteva godersi la scena del nostro film attraverso lo specchio dell’armadio.
“Lo voglio... dammelo subito... che aspetti? Vuoi farmi svenire?” questa volta la sua espressione fu perentoria.
Allungai la mano e, dal cassetto del comodino, presi una crema lubrificante; ne schiacciai una buona dose direttamente nell’ano. La sensazione avuta le provocò uno scatto in avanti, ma poi, con le mani, riprese ad aprirsi di più il culo.
Puntai il mio cazzo sull’orifizio e spinsi.
“Ahia” fu il grido che le uscì dalla bocca, ma io ero già per metà dentro di lei.
“Fermati... aspetta un attimo... sento dolore” disse lamentandosi.
Ero pronto ad uscire da lei, ma, con le mani ora sul mio il culo, mi bloccò.
“Aspetta... non muoverti... resta ancora un po' così... comincia a piacermi”. Attraverso lo specchio vedevo il suo viso contratto; si stava mordendo le labbra, ma, pian piano, andava rasserenandosi.
Solo un minuto, poi fu proprio lei che si spinse contro di me, facendoselo penetrare tutto dentro.
Ormai era fatta; fu sempre lei ad iniziare a muoversi, ma la vera cavalcata la condussi io. Ormai all'osceno rumore dello sbattere dei miei coglioni sulla sua fica, si univa quello dei suoi mugolii, dei suoi gemiti uniti ai miei ansimi.
Vidi la sua espressione delusa, quando, per un attimo uscii completamente da lei, sostituita dalla gioia al momento del mio nuovo rientro in lei.
La sua mano destra era andata a titillare fra le labbra della fica ed il movimento andò ad aumentare sempre più, fino a divenire forsennatamente veloce e decisamente disordinato.
“Che bello.... sto godendo di nuovo... muoviti più forte... sbattimelo dentro... oh come lo sento!.... voglio sentirlo ancora più a fondo.... spaccami... sììììì.... godoooo!”
Le contrazioni dalla vagina si irradiavano al suo sfintere: mi sentii il cazzo stretto, come in una morsa; non riuscii più a trattenermi e le schizzai dentro tutto il mio piacere.
Ci accasciammo sul letto e, per non pesarle addosso, mi misi al suo fianco. Anche lei si girò di fianco verso di me; prese a baciarmi con il trasporto dovuto solo a chi si è reso meritevole dei favori di una donna/moglie, senza alcuna inibizione.
Prolungammo quell'idillio ancora per molto, poi lei si avvio verso il bagno, incurante dello sperma che, grondando dall’ano, le imbrattava le cosce.
Per non crearle imbarazzo, la raggiunsi dopo un poco, e comprendendo che volesse fare una doccia, le offrii un accappatoio pulito.
Ella, con uno sguardo colmo di gratitudine, mi propose:
“Dai.... facciamola assieme”.
L’acqua calda, oltre a ristorarci, ci riportò alla realtà.
“Ti è piaciuto” chiese.
“Immensamente... e a te?”
“Non si è capito?” rispose, baciandomi.
Si rivestì velocemente e aggiunse:
“E’ tardissimo! Devo scappare” affermò.
Difatti erano volate quasi due ore
“Quando mi chiami?” chiesi
“Domani, ma, quanto qui avvenuto, può rimanere un nostro segreto?” sussurrò, mentre mi baciava.
“Certo! Massimo non lo saprà mai”.
Ormai, come dicevo prima, è passato più di un anno e... nel frattempo, è nata la mia figlioccia: Federica.




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