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Quando una moglie....7


di quartofederico
25.03.2020    |    11.705    |    10 9.9
""Ok, venite vi aspetto" rispose..."
Alla fine di quelle intense ore di voluttà, fu mia moglie a voler accompagnare Enzo alla porta.
Io ero rimasto in camera e seguivo i pensieri che mi affollavano la mente.
Ad esempio: poco distante dal letto vi era una poltroncina sulla quale era adagiata la sua vestaglia, quindi nella circostanza non l'aveva indossata.
Aveva accompagnato Enzo nella sua splendida e spudorata nudità: dov'era finito il suo ritegno di una volta, quelle sue lamentate vergogne? Erano solo un ricordo, anche se non tanto remoto.
Durante quelle ore di libidine, si era lasciata fare di tutto, come le più abili professioniste del piacere.
Ora, per la casa, girava una ninfa nella sua magnifica nudità e, se i mobili si fossero trasformati in "satiri", avrebbe avuto la sola possibilità di soccombere alla loro famelica lussuria.
Ma quanto ci voleva per tornare? Impiegò un secolo e, ovviamente, stavo per raggiungerla, quando ricomparve sull'uscio della camera da letto.
Fece un tuffo sul letto: era vistosamente felice... sembrava una ragazzina alle prese con i primi palpiti d'amore.
Dovevo esser geloso? Rischiavo di perderla? Mi avrebbe abbandonato per Enzo? Ecco i motivi che mi spinsero a chiedere:
"Cosa avete fatto là fuori?"
E lei: "Non voleva andar via; avrebbe voluto dormire con noi; ho dovuto letteralmente sbatterlo fuori. Peccato: aveva ancora un cazzo bello duro!"
Era a pancia in giù, di traverso sul letto.
Ad un certo punto una smorfia le comparve sul volto.
"Devo correre in bagno" mi disse, reggendosi la pancia.
Ebbe giusto il tempo di sollevare il coperchio del water, si sedette e, con una scarica abbastanza rumorosa, emise tutta l'aria che le avevamo compresso nell'intestino.
Stava per venir via, ma dovette risedersi in tutta fretta, perché a quella prima, seguì una seconda scarica, questa volta per emettere tutta la sborra che, io e l'amico, le avevamo spruzzato dentro.
"Ma quanta ne avete fatta!? Sono piena!" sbottò, poi aggiunse:
"Il guaio sai qual'è? Che i vostri cazzi mi coinvolgono a tal punto che, ormai, non posso più farne a meno: li adoro."
Ritornammo a letto e, abbracciati, cercammo di dormire, ma, né io, né lei, riuscivamo a prendere sonno.
"Che c'è?" le chiesi.
"Ho il buchetto ancora aperto" rispose.
"Certo,è normale, ma ti è piaciuto? Hai sentito dolore?"
"Un pochino sì, specie quando il suo glande ha superato lo sfintere; avevo paura di lamentarmi, perché temevo che desistesse. Poi mi sono fatta coraggio e mi sono spinta contro il suo bacino, così da farlo scivolare tutto dentro. A quel punto le sensazioni provate sono state fantastiche".
Il mio pensiero tornò al momento in cui mia moglie stava per essere sodomizzata.
Per la prima volta, in vita mia, vedevo da vicinissimo come un cazzo potesse entrare in un culo; la posizione da me tenuta, steso, con il viso fra le loro cosce, mi diede modo di osservare attentamente quando Enzo poggiò il cazzo sullo sfintere e cominciò a spingere.
Vidi la innaturale apertura assunta dal muscolo per fagocitare l'intruso, seguita dalla distensione delle pieghe dell'ano tese a circondare, quasi ad abbracciare, la desiderata verga.
Poi, una volta dentro nella sua interezza, vidi i coglioni del nostro amico che sbattevano sul perineo di mia moglie.
Potevo assistere a visione più bella?
Mi tornarono alla mente le parole che ella proferì:
"Amore mio, sapessi che bello... devi provarlo anche tu".
Davvero desiderava che anch'io lo prendessi nel culo? Che ci stava succedendo?
E con il dilemma, se proseguire nell'esperienza o fermare tutto, finalmente riuscii a prendere sonno.
La sveglia suonò come al solito alle 6.30; lei dormiva "il sonno dei giusti", beata, stesa sul fianco. Mi alzai, senza far rumore, e andai in cucina a fare il caffè.
Come tutte le mattine, glielo portai a letto. Lei, sentendomi arrivare, si mise seduta, si stiracchiò e mi disse:
"Buongiorno, amore mio".
Mi sedetti al suo fianco e poggiai le mie labbra sulle sue.
Era quello che facevamo ogni mattina da una vita, ma ora aveva tutto un altro sapore, un altro significato; mi baciò con una veemenza ed un trasporto nuovo.
"Come va?" le chiesi ed aggiunsi "Tutto bene?"
"Credo di sì" rispose.
"Come sarebbe a dire "credi"?"
"Mi guarderesti se il buchino si è chiuso?" e così dicendo si mise in ginocchio e si piegò in avanti.
Aprii i suoi glutei e mi apparve uno spettacolo meraviglioso.
Feci scorrere il medio nel solco di quei globi e raggiunsi il buchino, che era normalmente chiuso, ma presentava un minimo di arrossamento.
Glielo riferii e chiesi pure il perché di quella sua preoccupazione.
"Perché voi due non avete dei cazzi normali: sono dei martelli pneumatici".
Le sorrisi e proprio mentre le stavo stampando un bacino su quel fiore, il cicalino del whatsapp ci avvertì di un nuovo messaggio.
Era Enzo: Buongiorno, tutto bene? Leggemmo assieme.
Le passai il cellulare e lei scrisse: Buongiorno anche a te; sì, per noi tutto bene e per te?; e lui: Posso chiamare?
Con un cenno del capo dissi di sì e stavo per andar via, quando lei mi fermò. Voleva che restassi. Ero felice che si parlassero, che si confessassero le reciproche emozioni provate durante il gioco, anche perché era ormai dato per scontato che quando sarebbero stati vicini, non avrebbero proferito una sola parola, in quanto presi a farsi piacere l'un l'altro.
Ok, chiama pure... scrisse mia moglie.
Un paio di secondi ed il telefono squillò.
Senza che glielo chiedessi, mise in viva voce.
"Pronto"
"Ciao", disse lui dall'altro capo. Poi aggiunse: "Sola?"
"Sì", mentì lei "perché?"
"Volevo sapere se davvero ti è piaciuto, ieri sera; a me è sembrato di sì"
"Come l'altra volta devo ancora metabolizzare l'accaduto, per cui ti risponderò con calma più in là"
"Ieri sera, quando mi hai accompagnato alla porta, te l'ho fatto vedere di nuovo per mostrarti quanto ancora ti desiderasse; dapprima, mentre ti baciavo, sembrava che ne volessi ancora, invece, poi, mi hai scacciato. Questo mi ha un po' preoccupato".
"No, tutto a posto, tranquillo. Dai magari dopo ti chiama mio marito".
"A proposito di tuo marito: hai notato come me l'ha preso in bocca? Sembra abbastanza propenso a questo tipo di rapporto. Sapevi già di queste sue pulsioni?"
"Penso che devi chiederlo a lui... ora ti lascio. Ciao."
Dopo la conversazione, lei mi chiese:
"Che ne pensi?"
"Proprio come hai risposto tu: devo metabolizzare l'esperienza; una cosa è certa e cioè che mi lascio trasportare dal tuo piacere, al punto da non distinguere più quale sia il ruolo di ognuno di noi. Mi lascio prendere la mano dal desiderio che, in quel momento, mi travolge".
"Lo chiamerai?"
"Magari dopo, ora devo andare al lavoro".
Uscii di casa, pensando a quello che aveva detto Enzo.
Non avevo ancora realizzato se in quelle sue parole ci fosse un velo di canzonatoria ironia.
Forse non dovevo dar retta a mia moglie, quando ebbe a chiedermi di aiutarla nel pompino. Ma, ormai, era fatta: non potevo tornare indietro. Comunque di reale c'era che mi era piaciuto.
Dall'ufficio scambiai qualche messaggio con mia moglie, chiedendole consiglio in ordine a come metterla con Enzo. Poi aggiunsi anche:
"Mica hai pensato a qualcos'altro per te, circa i due martelli pneumatici?"
"Ebbene, sì" rispose.
"Ovvero?" scrissi.
"Contemporaneamente, uno davanti e l'altro dietro? Non sarebbe bello?"
Restai basito: avevo creato una "zoccola"; la mia adorata moglie era una "zoccola!".
Non gli telefonai subito, ma solo quando uscii dal lavoro.
Mi rispose immediatamente: forse sperava fosse mia moglie.
"Ti va di vederci per un caffè" gli dissi.
"Ok, venite vi aspetto" rispose.
"Veramente sono solo: devo parlarti".
"Ok; come mai, ci sono problemi? Smetto il turno fra mezz'ora"
"Ti raggiungo, aspettami" chiusi, con un pizzico di sadismo; volevo che rimuginasse anche lui, come avevo fatto io per tutta la giornata.
Durante il tragitto, ripassai nella mente cosa dovevo dirgli.
Appena giunto a destinazione, ci salutammo e ci dirigemmo ad un bar poco distante. Seduti ad un tavolino ordinammo un caffè.
Con atteggiamento ansioso, chiese:
"Cos'è successo?"
"Niente, stamattina hai parlato con mia moglie e, credo con una certa ironia, hai accennato a quello che ti ho fatto, mentre eravamo in intimità. La cosa non è piaciuta, né a me, né a lei".
"Credimi, non era mia intenzione offendere né te, né tua moglie... anzi, mi è piaciuto molto..." si premurò a rispondere nell'immediato.
"Ti prego, fammi continuare, non interrompermi" e così proseguii.
"Amico mio, non vorrei che ti facessi delle strane idee, quindi, sgombero subito il campo affermando che non amo condizioni di omosessualità.
Certe mie azioni sono state dettate dall'eccitazione del momento e, soprattutto, da quella di mia moglie, nei cui confronti nutro un amore sviscerato.
Quando ci hai conosciuto, venivamo da un periodo di fiacca sessuale, fondamentalmente dovuto al moralismo di lei, che provava vergogna persino a farsi veder nuda da me.
Oggi, posso affermare che l'abbiamo svezzata; sì l'abbiamo fatto assieme: io, esortandola a non castigare le esigenze del proprio corpo; tu, facendole acquisire quell'autostima che è necessaria ad una donna, per spronarla a lasciarsi andare. In questo, ritengo che ci siamo riusciti ed anche, alla grande.
Mia moglie, oggi, è diversa e lo è anche per merito tuo. Dovresti, quindi, poter capire che, se lei esprime un qualche desiderio, io non posso esimermi dall'accontentarla, ivi comprese esternazioni di chiaro profilo omofilo.
Se queste ultime dovessero provocarti fastidio, non hai che da dirlo e saranno evitate; altrimenti devi riconoscere che stiamo vivendo un autentico idillio, pur con la mia bisessualità finalizzata al piacere di lei."
Dissi queste cose tutto d'un fiato.
Egli mi sembrò rasserenato e, quasi a sancire una pace fatta, mi tese la mano, che io strinsi.
Allora aggiunsi: "Credimi se ci segui in questo percorso, avrai ancora un ruolo molto importante in questa favola, ma dobbiamo avere rispetto l'uno per l'altro e, soprattutto, non perdere di vista che tutto è proteso ad esaudire i desideri della mia amata. Se hai bisogno di pensarci, fallo e ci farai sapere".
Mi alzai e feci per andare; lui mi fermò: "Stasera vi telefono, posso?"
"Certo" risposi e mi allontanai.
Mi fermai alla pasticceria del centro commerciale e comprai dei cannoli alla siciliana: mia moglie li adorava; poi, dal fioraio, presi un "mazzetto primavera", fiori di campo che emanavano un profumo intenso come la pelle della mia compagna.
Giunto a casa, lei mi corse incontro raggiante, felice come una pasqua per quelle piccole attenzioni che le avevo riservato. Mi baciò con trasporto.
In cucina, stava armeggiando per la cena, ed annunciò:
"Stasera, gateau di patate, come piace al mio amore".
Era palpabile l'ansia che la divorava; quindi aggiunse:
"Allora, com'è andata?" chiese, quasi in un sussurro.
Riferii dettagliatamente quello che ci eravamo detti, terminando con:
"Stasera telefona"
"Mica gli hai riferito quello che sarebbe il mio desiderio?"
"Assolutamente no! Se vuoi, glielo dirai tu"
"No, dai, ho vergogna! Come faccio a dirgli che desidero i vostri cazzi contemporaneamente dentro di me?" rispose.
"Davvero non lo so, ma credo che saprai trovare il modo".
Così chiudemmo il dialogo, ma lei rimase a rimuginare per tutto il resto della serata.
Erano quasi le 22.00, ora in cui, di solito, eravamo contattati da Enzo.
Mia moglie prese il cellulare dal tavolino e ne controllò la carica.
Non fece in tempo a riporlo, che squillò.
"Rispondi" dissi.
Lo fece trillare altre tre o quattro volte, poi:
"Pronto" disse con una voce decisamente flebile, quasi da cane bastonato.
Si accorse di non aver inserito il viva voce e, mentre cercava di farlo, interruppe la chiamata.
"Non ce la faccio... sono troppo agitata... parlagli tu".
Richiamai Enzo e lo pregai di aggiornarci a più tardi o, al limite, all'indomani mattina, tanto più che era sabato e perciò restavo a casa. Lo rassicurai che non v'erano problemi di sorta.
Poi, rivolto a mia moglie, le dissi:
"Vieni qui!"
Si sedette sulle mie ginocchia.
"Che c'è, amore mio, cosa ti spaventa?"
"Non ho il coraggio di chiedere quello che già sai".
"Eppure lo devi fare" insistei. "Devi esser tu a dirigere l'orchestra, solo tu e nessun altro. Se lo facessi io, sembrerebbe come se fosse una cosa voluta da me, mentre è di gran lunga più intrigante apprendere che è una cosa vagheggiata da te. Quando sarai pronta, fai un bel respiro e glielo dici".
"Hai ragione, va bene; domattina gli telefono".
"Perché domani, amore mio? Fallo ora. E' possibile che domani, sabato, possa stare con noi un'intera giornata, non pensi?"
"Passami il cellulare".
Chiamò, ma le rispose la segreteria telefonica.
Lì per lì il suo viso assunse un'espressione mista di delusione e di sollievo.
Non ebbe il tempo di riflettere, che il telefono squillò.
Mi guardò negli occhi, fece un bel respiro e, con voce flebile, ma mielosa:
"Pronto" disse.
Stavo per allontanarmi per lasciarla libera di esternare ciò che le passava per la mente; lei mi trattenne.
"Come stai... prima hai chiuso" sentii dire dal viva voce.
"Sto bene... volevo chiederti se domani lavori".
""Sì, ma finisco alle 14.00; perché me lo chiedi?"
"Ti andrebbe di trascorrere un pomeriggio assieme: io, te e mio marito?"
"E me lo chiedi? Certo... vi raggiungo appena finisco".
Le feci cenno di dire qual'era il programma.
"Mi permetti di essere sfacciata? Vorrei provare a prendervi...."
"A... "prenderci"? Cosa significa?" aggiunse Enzo
"A prendervi assieme" concluse lei.
"Cioè, nel senso... " replicò Enzo.
"Sì, hai capito bene, uno davanti e l'altro...."
Le sue parole erano diventate sconvolgenti, sia per la sensualità con cui le pronunciò, sia per la libidine che promettevano e trasmettevano. Aveva palesato un'altra sua prerogativa: quella di saper essere "maliarda".
Dopo qualche attimo di silenzio, si risentì la voce di Enzo:
"Sei una donna meravigliosa. Stanotte credo che non dormirò, ma domani... mandami un bacio!"
Al mio cenno di assenso, unì le labbra e fece schioccare un timido bacio, per poi chiudere la chiamata.

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