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Ora, però, sono io a raccontare. OVVERO"Intimo desiderio di una moglie"


di quartofederico
10.04.2023    |    10.033    |    19 9.4
"Senza di lui e, con nessun altro all'orizzonte, trovammo un equilibrio non proprio idilliaco, ma abbastanza soddisfacente..."
Vi va di sapere perché la mia storia con Gianni finì. Ve lo racconto io: sono Giuliana la moglie di Federico, lo psicologo.
Quella storia con Gianni, risale ormai a quasi dieci anni fa. Come ha raccontato lui, venivamo da un periodo di crisi coniugale e intraprendemmo quella avventura proprio per cercare un riavvicinamento, che in effetti si verificò.
Ebbe inizio a fine aprile, primi di maggio, durò tutta l'estate.
Lui, persona eccezionale, sempre disponibile, era entrato nel ruolo alla grande. Ma, quando cominciò a farsi attanagliare dai sentimenti, capimmo, sia io che mio marito, che era giunto il momento di far marcia indietro. Era diventato geloso persino di Federico e, sempre più spesso, voleva che ci vedessimo da soli. Trasgressione si, corna no! E, chiestagli una pausa di riflessione, smettemmo di vederci. Poi c'era anche un'altra cosa che non tolleravo: la sua repulsione all'amore fatto, come diceva lui, "contro natura". Sì, avete capito bene, considerava il rapporto sessuale anale, cui mio marito mi aveva abituata, facendomi raggiungere vette altissime di piacere, come una cosa sgradevole.
Senza di lui e, con nessun altro all'orizzonte, trovammo un equilibrio non proprio idilliaco, ma abbastanza soddisfacente.
Comunque, io avevo assaporato la trasgressione e, credetemi, non mi bastava più il mio solo uomo. Lui da buon psicologo, lo aveva intuito, ma aspettava che fossi io a fare il primo passo.
L'incontro e la frequentazione con Gianni, mi aveva portato ad esser parecchio selettiva e mi accorsi pure che, pur non avendo precostituito una figura ideale, mi piacevano quelli che assomigliavano al mio uomo. Non alti, ma nemmeno bassi, età sui cinquanta, non meno, di cultura adeguata.
Non penso che chiedessi la luna...
Questo stava a significare che mi stavo guardando attorno e, ai primi di febbraio dell'anno successivo, in un mattino di pioggia, mi imbattei in un raggio di sole.
Avevo accompagnato un'amica/collega al consultorio vicino casa mia e incrociai lo sguardo con il nuovo primario di ginecologia.
Pure lui, anche se solo per un attimo, mi fissò con una certa intensità. Quegli occhi neri mi penetrarono nell'intimo, li sentii subito addosso, mi sentii spogliata, osservata e... ammirata. Lui sembrava abbronzato, nonostante eravamo in febbraio e, ciò che mi stupì, fu l'eleganza del suo abbigliamento. Quando fu il turno della mia amica, d'istinto mi alzai e feci per seguirla.
"Mi scusi, signora, solo la paziente" e l'infermiera mi fermò. La odiai e provai anche tanta invidia: con il pretesto di esser la sua collaboratrice, poteva godersi per tutto il giorno il mio bel dottore?
Non mi persi d'animo e, mentre aspettavo che la visita terminasse, mi spostai all'accettazione e:
" Vorrei prenotare un controllo ginecologico" chiesi all'impiegata.
Diedi le mie generalità e chiesi, fingendo di non ricordarne il nome, che ad effettuarla fosse il dottore che era di turno in quel momento. Lei consultò il computer e mi diede appuntamento per il mercoledì successivo.
" Prima non è possibile?" domandai.
" No, signora, il dottore Mario... fa studio solo il mercoledì".
Presi il foglio di prenotazione e mi risedetti ad aspettare la collega.
La visita durò parecchio e, dopo quasi mezz'ora, vidi aprirsi la porta. Il dottore l'accompagnò sull'uscio e lo sguardo di lui si posò di nuovo su di me. Mi sembrò più intenso, forse mi stavo illudendo, ma:
"Andiamo" disse la mia amica, prendendo il suo cappotto e mettendosi sotto il mio braccio.
"Tutto bene? - chiesi curiosa - Che ti ha detto?"
"Niente di patologico: mi ha prescritto delle candelette per la secchezza vaginale ed una serie di indagini che debbo portargli alla prossima visita. Comunque, fra sei mesi. Una persona veramente esperta e molto professionale, anche nella visita. Dovrebbe cambiare solo l'infermiera: acida. Se fosse stato per lui, ti avrebbe fatto entrare subito; ha voluto sapere se fossi mia parente."
Quelle parole mi fecero provare un tuffo al cuore. Mi fermai di botto e la guardai in viso.
"Che c'è - chiese - perché mi guardi così? Voleva scusarsi per i modi sgarbati della sua collaboratrice, comunque ti ha mandata a chiamare, ma lei non ti ha trovata, in sala d'aspetto."
Non risposi, ma rimuginando tra me e me, capii che, quasi certamente, ci avevo visto giusto.
Ora dovevo dirlo a mio marito, anche se non sapevo come comunicarglielo. Comunque lui mi avrebbe dovuto accompagnare, da sola non avrei fatto ben capire quale era il nostro gioco, la nostra intesa. Mancava una settimana, avevo tempo per trovare il momento giusto per informarlo.
Come al solito, mi stavo fasciando la testa ancor prima di essermela rotta.
Ma quella sera, a cena, qualcosa lui la capì. Forse il mio atteggiamento di grossa premura nei suoi confronti o forse il mio non naturale mutismo, ad un certo punto:
"Giuly, mi dici che hai?" sbottò.
Prima un mio niente, niente, ma non reggendo il suo sguardo indagatore:
"Ho conosciuto una persona e..."
Mi fece segno di avvicinarmi e, prendendomi per mano, mi fece accomodare sulle sue ginocchia. Aveva un bicchiere di vino in mano e dato un altro sorso:
"Chi è?" mi chiese.
Gli spiegai della visita della collega, del dottore e della prenotazione, più per rivederlo che per una reale necessità.
"Quand'è?
"Mercoledì, alle sedici: mi accompagni, vero?"
Un sorriso rassicurante mi convinse che la complicità di mio marito non l'avevo mai persa.
Venuta meno l'agitazione, subentrò una strana eccitazione. Sì, strana: volevo coccole, abbracci, baci ed esser toccata.
Mentre mio marito era nel suo bagno, mi spogliai in camera da letto ed indossai una camicia da notte nera, trasparente, e nulla sotto. Lo raggiunsi in bagno, stava in piedi vicino alla tazza, e faceva la pipì.
"Pussa via, brutta guardona" disse scherzando. Invece mi avvicinai ancor di più e, cingendolo da dietro:
"Posso lavartelo io, stasera ho una voglia..." e mi feci passare la lingua tra le labbra.
Lasciò che gli facessi ogni cosa con molta calma, poi mi condusse, mano nella mano, in camera da letto.
Era già nudo e si stese sul letto al suo solito posto, sistemandosi pure il mio cuscino sotto la nuca. Mi distesi su di lui e cominciammo a baciarci.
Aveva il cazzo duro ed io ero già più che umida tra le gambe. Mi staccai dalla sua bocca e, giratami, pian piano mi stesi nella posizione del 69.
Non so perché, ma avevo deciso che, fino alla visita di mercoledì, non volevo far sesso penetrativo e, quindi, niente sperma in vagina: il desiderio di godermi mio marito volevo e potevo soddisfarlo anche così. Mi presi il suo scettro in bocca e lui mi ricambiò con la sua gratificante lingua. Venni un paio di volte e, solo allora, accelerai il ritmo. Aspettai che mi spruzzasse il suo nettare in bocca: ingoiai il primo schizzo, poi il secondo e i successivi li sputai sul suo pube peloso.
Era lievemente salato, ma denso e sempre molto abbondante. Mi misi ritta sul suo viso ed il mio tesoro, prima di farsi scavalcare, ebbe il tempo di far saettare la lingua sul buchetto posteriore, procurandomi uno scatto repentino in avanti.
"Allora, soddisfatta?" chiese trionfante
"Sì, ma da domani si mangia sciapito" risposi sorridendo e stendendomi tra le sue braccia.
Si addormentò subito, mentre io rimuginavo ancora sul da farsi, prima del mercoledì alle sedici.
Da quanto tempo non andavo dall'estetista? Cercai di ricordare. L'appuntamento settimanale con la parrucchiera era di prassi e la manicurista pure, ma una ceretta nelle zone intime di sicuro non la facevo da settembre.
La "selva...scura", di Dantesca memoria, era da disboscare e l'indomani pomeriggio lo avrei dedicato a prendere questi appuntamenti.
Mi sarei munita anche di mutandine, reggiseno e calze nuove, ma decisi che un po' di shopping lo avrei fatto volentieri con la mia amica.
Mi svegliai presto: ero allegra e, caso più unico che raro, preparai io il caffè e lo portai a Federico, che era ancora a letto. Uscimmo assieme e mi diede lui un passaggio fino al mio ufficio.
Faceva freddo, ma, per lo meno, non pioveva. Incrociai prima l'addetto alla sorveglianza, cui regalai uno splendido sorriso e poi raggiunsi la mia scrivania. Ormai la pausa caffè non la facevo più al bar, per evitare di incontrare il mio ex e la macchinetta automatica era diventato il punto di aggregazione di quasi tutti. Mena, la mia amica, era già lì e mi porse un bicchierino di caffè caldo.
"Come va? - chiesi - impegni per oggi pomeriggio? Mi accompagneresti a fare un giro al centro commerciale?"
"Ok, ma, per le sette, devo esser a casa: stasera vado a cena fuori."
Tornammo alle nostre scrivanie e, alle sedici, io e lei, con la sua auto, partimmo per lo shopping.
Entrai decisa nel negozio che vendeva intimo da donna e comperai una sottogonna di pizzo nero, un completo mutandina e reggiseno dello stesso colore e due paia di autoreggenti di colore nero, uno velato e l'altro a rete.
"Hai in mente un gran bel festino - ironizzò Mena - meno male che tuo marito è sano di cuore"
Se solo avesse saputo per chi l'avrei indossato?!
Appena a casa presi appuntamento, per il martedì con l'estetista e la parrucchiera ed aspettai l'arrivo di Fede, guardando soddisfatta i nuovi acquisti.
I giorni passarono freddi e piovosi, uguale per gli altri ma non per me! Lo stato d'agitazione aumentava a mano a mano che ci si avvicinava al mercoledì. Il lunedì, Federico passò dal medico curante per ritirare l'impegnativa per la visita e il giorno successivo, con il foglio di prenotazione, mi recai in amministrazione e chiesi mezza giornata di permesso per il giorno dopo. Il pomeriggio, la parrucchiera e l'estetista mi tennero impegnata fino alle sette di sera. Avevo pregato mio marito di comperare qualcosa di pronto per cena e, difatti, quando tornai a casa, lo trovai ad apparecchiare il tavolo in cucina.
"Amore, sei tu?" chiese, sentendo la porta di casa aprirsi.
Entrai in cucina e rimase a bocca aperta.
"Aspettavi qualcun'altra?" scherzai.
"Fatti guardare, ma sei bellissima!" lo disse veramente ammirato e fermandomi sull'uscio.
I capelli leggermente ondulati, con i boccoli alla fine, ed una sottilissima frangetta completava l'opera. Alle unghie delle mani, mi ero fatta applicare una colata gel, per averle più lunghe, con smalto rosso scuro per rendere le mani più affusolate.
"Il resto te lo faccio vedere stasera - dissi, staccandomi da lui e mandandogli un bacio da lontano, poi strizzando gli occhi - domani non ti farò sfigurare".
L'indomani, alle tredici e quindici, lasciai l'ufficio. Presi in panetteria il pane fresco ed una frittata di pasta fatta al forno. Arrivai per prima a casa e preparai in cucina.
Ero agitata, chissà se non era troppo esagerato come mi stavo preparando.
Mangiai da sola un pezzetto di frittata e lasciai il resto sul tavolo.
Federico arrivò che già erano quasi le tre e, dal bagno, gli dissi di sbrigarsi a pranzare. Avevo di nuovo fatto la doccia, avevo indossato l'intimo nuovo e le calze velate. Stavo riaggiustandomi i capelli ed il rumore del phon non mi fece sentire il suo avvicinarsi. Mi strinse da dietro ma, riflesso nello specchio, notai lo sguardo di un uomo quasi rassegnato.
"Che c'è - domandai - è troppo per una semplice visita medica?"
Scosse il capo e mi lascio finire. Indossai, davanti a lui, la sottoveste e la gonna plissettata nera, di lana. La camicia bianca e il pulloverino celeste. Mi ero messo un filo di rossetto e appena appena una traccia di fard. Misi gli stivali neri ed un cappotto tipo cardigan, che strinsi in vita, con la sua cintura.
Un ultimo sguardo allo specchio in corridoio mi rimandò un'immagine da favola.
"Sono pronta" gridai al mio amore, che stava ancora in bagno.
A piedi impiegammo dieci minuti e, quando entrammo nell'ambulatorio, in sala d'attesa c'erano due sole persone.
Mentre Federico andava a pagare il ticket:
"Il dottore è già arrivato" chiesi.
Non c'era ancora e, aspettando il ritorno di mio marito, mi sedetti un po' in disparte.
Il dottore arrivò un po' prima delle quattro e, seguita dall'antipatica, si fermò a salutarci. Le due pazienti erano sue clienti e lui si soffermò a salutarle con una stretta di mano, poi, rivolto a noi:
"Buongiorno, è la prima volta?"
Imbarazzata feci segno di sì con il capo e, pure stavolta, fu Federico a togliermi d'impaccio.
"Con lei, sì; però mia moglie è già da parecchio che frequenta il consultorio".
Mi guardò di nuovo e:
"Comunque, ho l'impressione di averla già vista."
Si girò ed entrò nel suo studio.
Una vampata di calore mi arrivò al volto. Pensai di scappar via, ma Fede mi prese per mano, rasserenandomi.
"Calma, respira piano ed aspetta il tuo turno".
La prima visita era solo un controllo e durò poco più di dieci minuti. La seconda, invece, si protrasse per una buona mezz'ora.
Quando uscì, prima di salutare, sentimmo lei che diceva al marito:
"Ma è proprio bravo! Possiede la facoltà di metterti a tuo agio".
In quel momento, uscì la vipera e:
"Prego tocca a voi".
Con il cuore che andava a cento all'ora, sottobraccio di mio marito che quasi mi sorreggeva, entrai in una saletta dove si aprivano tre porte. La prima, sulla destra, era lo studiolo dell'infermiera. La seconda porta chiusa, che constatai esser il bagno. La terza lo studio medico vero e proprio.
Mentre l'assistente si allontanò:
"Prego accomodatevi - ci disse, indicandoci le sedie di fronte alla sua scrivania. Poi, guardandomi negli occhi - mi racconti cosa l'ha portata qui?"
"Principalmente per un controllo: sono in menopausa da qualche anno e..."
" Ma io l'ho già vista da qualche parte, vero?"
" Sì, la scorsa settimana ho accompagnato una mia amica" dissi non guardando lui, ma mio marito.
Sorrise, lo sapeva, ma voleva che fossi io a dirlo.
Un poco per il freddo, un po' l'attesa e l'ansia per la visita, ma me la stavo facendo sotto e, quando lui si alzò per iniziare la visita:
"Dovrei andare in bagno" e prendendo dalla borsa un salvaslip, mi diressi verso quella porta chiusa.
Con la coda dell'occhio vidi che si risedette e, a questo punto, capii che entrava in scena il mio uomo.
Stetti in bagno per qualche minuto, anche perché, avendola trattenuta feci fatica ad espellerla, poi mi risciacquai alla meno peggio e, una volta ricomposta tornai di là.
Li trovai che chiacchieravano, ma mi sembrarono tutti e due più rilassati.
"Allora, mia cara Giuliana, dietro quel paravento troverà un attaccapanni; si dovrebbe togliere un po' di cose di dosso. Se sente freddo, accendo pure il condizionatore" disse in tono molto cordiale.
Invece sentivo caldo, ed uscii dal separé con le calze ed il solo intimo.
"Va bene, così?" domandai al dottore.
"Ottimo" e mi guidò verso la bilancia, dove mi pesò, mi prese l'altezza e misurò la circonferenza del petto e del bacino. Segnò sulla scheda che teneva in mano, poi mi abbassò il reggiseno per palpare le mie mammelle.
"Venga, si stenda - indicandomi il lettino - ora un po' di pazienza, ma non credo che proverà dolore. Nel caso, mi fermi!"
La visita proseguì con la palpazione dell'addome e le mani grosse che spingevano sul basso ventre mi procurarono qualche doloretto. Non dissi nulla, ma lui continuò e, anzi, mi sembrò soddisfatto.
"Ora, però, dobbiamo tirar giù le mutandine" disse aiutandomi, mentre io alzavo il sedere per facilitargli il compito.
Da sola, mentre lui si poneva tra le mie gambe, poggiai i polpacci sui due appositi sostegni, e:
"Venga più avanti e si rilassi!"
Dallo specchio tondo, posto a lato del lettino, potevo osservare il suo lavoro. Aveva indossato dei guanti di lattice e, aperte le grandi labbra, introdusse lentamente il medio lubrificato nella vagina. Inizialmente avvertii un leggero fastidio, poi anche un po' di dolore che mi fece emettere un sommesso lamento, che servì a fermare, per un attimo, il suo operato. Poi mi poggiò la mano libera sul monte di Venere e spinse il dito ancora più su.
"Giuliana - in tono confidenziale - se non vuole, mi fermo qui, ma, per tastare il retro dell'utero, dovrei esplorare il retto. Poi, magari, verifichiamo il tutto con un'ecografia. - e rivolto anche a mio marito - qua purtroppo non funziona".
Mi vergognai? Chissà, ma divenni rossa e acconsentii con un cenno del capo.
" Allora alzi le gambe sull'addome e si rilassi ancor di più" e senza aggiungere altro mi ficco il medio nel culo.
Si tolse i guanti, che gettò nel contenitore a pedale e:
"Se vuole, può rivestirsi!" disse sorridendo e, mentre io mi avviai verso l'attaccapanni, sentii che diceva a mio marito
"Quindi ti interessi di terapia di coppia - dandogli del tu - si potrebbe pensare ad una collaborazione. Dopo ci scambiamo i biglietti da visita".
Avvicinatami a loro, volevo sapere e il dottore:
"Allora non c'è nulla di patologico, anzi, rispetto all'età riferita, gli organi, sia esterni che interni, sono ben conservati ed abbastanza funzionali. Una mammografia con visita dal senologo, la facciamo l'anno prossimo. Poi, se vogliamo aver maggiori certezze, faremo un'ecografia nel mio studio, quando vuole.
Ho notato che, prima, ha usato un salvaslip: per caso ha delle perdite urinarie o vaginali?"
"No, li tengo in borsa, più per pulizia intima che per l'uso specifico" risposi imbarazzata.
Scrisse un referto e, consegnandomelo, tirò dal portafoglio un biglietto da visita che scambio con quello di Federico.
Da come mi strinse la mano, nel salutarmi, e dallo sguardo che mi rivolse ebbi la forte impressione che potessi interessargli.
Uscimmo dal consultorio sottobraccio, io in un pertinace mutismo, perché non ero completamente soddisfatta, ma che altro potevo inventarmi? Fu ancora lui, a rassicurarmi.
"Dammi qualche giorno di tempo e gli chiarisco le idee" disse il mio psicologo, stringendomi forte a sé.
Mi sentii protetta e capii quanto l'amavo.

(continua)

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