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"Nuovi amici a Villa Mary"


di quartofederico
17.10.2020    |    7.649    |    5 9.2
"In un attimo raggiunsi il clitoride e, al nuovo sobbalzo, si aggiunse un rantolo di piacere..."

Non vedevamo Elena e Giorgio da più di sei mesi: si erano trasferiti per lavoro a Londra e, ormai, i nostri contatti si limitavano a brevi telefonate e a pochi messaggi.
Comunque, la vita continua, anche perché sia l'agriturismo che le altre attività di "Villa Mary" ci tenevano molto impegnati.
Avevamo assunti a tempo pieno Flavia e Vittorio, i due ballerini che già avevano collaborato con noi, e poi c'era la presenza quasi fissa di Niccolò, l'amico intimo di mia moglie, che dava una mano sia in amministrazione che nelle public relations.
Ormai la nostra migliore pubblicità era il passa parola, che i clienti soddisfatti estendevano ai loro conoscenti e spesso, specie per l'agriturismo, eravamo costretti a rifiutare prenotazioni, causa indisponibilità di posti letto.
Anche le serate del venerdì e del sabato, erano diventate motivo di vera nostra soddisfazione.
Quel mese di agosto avemmo una affluenza eccezionale, tanto che dovemmo liberare le nostre stanze e sistemarci dietro il prive', in due locali liberi.
Le previsioni per settembre erano di una maggiore calma e, difatti, con il rientro quasi totale dei vacanzieri, ci trovammo a fronteggiare solo pochissimi avventori, che decidevano di trascorrere una giornata all'aria aperta. E fu così che il primo lunedì di quel mese ricevemmo via e-mail la richiesta di prenotazione di una coppia siciliana che chiese la disponibilità per una intera settimana, a pensione completa, a partire dalla domenica successiva. Ovviamente accettammo facendo, però, presente che il venerdì ed il sabato sera i locali della villa si trasformavano in una specie di club privato. La risposta arrivò quasi subito: per loro non c'era nessun problema.
Informai subito Maria ed i nostri collaboratori, poi convocai lo chef per concordare un menù misto, sia siciliano che tradizionale.
Mia moglie aveva programmato, proprio per quel periodo un viaggio a Napoli per incontrare i suoi, che, invece di disdire, pensò bene di anticipare, in modo che sarebbe potuta rientrare al massimo per il mercoledì di quella settimana, lasciandomi privo del suo aiuto, per soli tre giorni. Il volo fu prenotato per il giorno seguente e Niccolò si offrì ad accompagnarla all'aeroporto di Pisa.
La domenica mattina di solito la sveglia per me suona verso le dieci, in quanto la festa del prive' non finisce mai prima delle due di notte e quel sabato sera sembrava proprio che i clienti non avessero voglia di andarsene. Chiusi tutto ed erano quasi le quattro quando riuscii a stendermi nel mio letto. Ebbi la sensazione di aver chiuso gli occhi da pochi minuti, quando fui svegliato dal campanello dell'ingresso della villa. Balzai fuori del letto e mi ricordai degli ospiti Siciliani che dovevano arrivare.
Loro erano stati puntuali; guardando l'orologio, scoprii che le dieci erano passate già da un bel po’.
Furono accolti dalla cameriera di sala che aprì loro il cancello e indicò qual era il posto auto loro assegnato. Dovevo dare una gratifica a quella ragazza che si incaricò pure, insieme all'altro cameriere, di scaricare i loro bagagli.
Controllavo tutto dalle telecamere interne, mentre stavo vestendomi.
Con il walkie-talkie comunicai alla ragazza della sala di farli accomodare nel salone principale e di servire loro la colazione, che sarei sceso appena possibile.
Feci tutto in fretta ed in meno di un quarto d'ora ero pronto ad incontrare i miei ospiti.
Mi presentai al loro tavolo appena ebbero finito la colazione.
"Buongiorno, signori e benvenuti a Villa Mary; sono Federico e sono veramente lieto di conoscervi" esordii.
L'uomo si alzò in piedi e mi tese la mano:
"Buongiorno, piacere Riccardo e lei è Maura mia moglie."
Anche la donna, che era rimasta seduta, mi tese la mano, ben curata, unghie laccate di smalto rosso, che io raccolsi e sfiorai con le labbra.
Lui poteva avere una sessantina di anni, capelli quasi tutti neri con qualche filo di argento insinuato tra essi. Un bel viso tondo e simpatico, rasato e pulito, con due occhi marroni che sprigionavano cordialità e simpatia.
Era alto su per giù quanto me, sul metro e settantacinque, robusto e vestiva casual con jeans e polo bianca; mocassini tipo yacht man, senza calzini. Insomma, davvero un bell'uomo.
Maura era un incanto. Dimostrava al massimo una cinquantina di anni; sul metro e settanta o giù di lì, longilinea, una taglia 44 con un bel seno non molto grande, forse una terza e ben modellato, gambe affusolate che si dipartivano da un bel sederino tondo e leggermente sporgente.
Il viso, allegro e gioviale, era un piacere ammirarlo: capelli biondi tagliati corti con la fila a lato, occhi castani e una bocca dalle labbra belle piene con un rossetto satinato di un bel colore rosso caldo, quasi mattone, che non potevano far altro che ispirare tanti maliziosi pensieri.
Indossava un abito camicia, verde chiaro, con scollo trasversale, che faceva intravedere il solco del seno, con due grandi tasche laterali, stretto sui fianchi da una cintura di stoffa dello stesso colore.
Ai piedi, ben curati e laccati con lo stesso smalto rosso delle mani, sandali infradito, con applicazioni di perline sui listini sottili.
Il trucco leggerissimo, ben distribuito metteva in evidenza, ancor più, l'abbronzatura.
Un filo di perle rosse, che lei carezzava in continuazione, scendeva nell'incavo del seno; altre identiche formavano un bracciale indossato sul polso destro e due perle, sempre dello stesso colore, impreziosivano i lobi delle sue orecchie.
Era chiaro che amava il rosso, simbolo del sangue e dell'energia vitale, sia mentale che fisica; doveva, per questo, essere una donna estroversa, con una forza di volontà fuori dal comune. Comunque, il rosso è anche indice di grande passionalità e fiducia in se stessa, per cui il mio pensiero volò subito in alto.
Riccardo, nel sedersi, mi invitò con un gesto della mano a fare altrettanto.
"Volete prima fare un giro per la villa e poi scegliere la vostra camera?" proposi con tutta la cordialità possibile.
Fu Maura a rispondere e decisa:
"Se è libera, vorremmo la numero sei, quella che affaccia sul patio della piscina."
La guardai stupito, mentre lei mi donava un radioso sorriso:
"In effetti la vostra location ce l'ha consigliata una coppia che è spesso vostra ospite e quella camera, essendo vicina alla scala che porta al solarium, ci potrebbe esser comoda per andare a prendere il sole. Vede noi, come la coppia che ci ha indirizzato verso la vostra struttura, siamo naturisti e, quindi, il sole ci piace prenderlo..."
Per non imbarazzarla non le feci finire la frase:
"Non c'è nessun problema, posso offrirvi dell'altro caffè?
"Grazie, lo fate davvero buonissimo" questa volta intervenne Riccardo.
Ringraziando per il complimento, mi alzai per dare le disposizioni al personale di servizio al piano.
Mi diressi alla reception e chiesi a Niccolò di cercare, nel nostro database, quali clienti avevano occupato la numero sei, negli ultimi mesi.
Impiegò un paio di minuti e mi stampò l'elenco completo dei clienti in questione degli ultimi otto mesi.
Una sola coppia corrispondeva ai requisiti richiesti: erano stati nostri ospiti ben nove volte e, spesso nei weekend, quindi anche frequentatori del nostro prive', ed occupanti sempre della numero sei.
Fui avvertito che la stanza era pronta e che i bagagli erano già stati sistemati.
Ritornai, quindi, da Riccardo e Maura e, dopo averli fatti passare per il bureau, li accompagnai di persona nella loro camera.
Durante il tragitto, riuscii a farmi dire il nome della coppia che ci aveva sponsorizzato. Si trattava di Ornella ed Antonio... ci avevo azzeccato.
Non so perché questa volta mi sentivo euforico; quella donna mi stava coinvolgendo; il suo modo di camminare, il suo sguardo, il suo corpo sinuoso, dovevo assolutamente conoscerla... ovvero conoscerli meglio.
Comunque, fui sempre io che, dopo aver loro fatto vedere la "numero sei", li guidai su, nel solarium, e augurai una buona permanenza.
"Ah, Federico - fu lei a fermarmi mentre stavo scendendo giù - io e Riccardo pensavamo che forse potremmo darci del "Tu".
"Ne sarei onorato, poi, conoscendo anche mia moglie, potrete apprezzare la nostra ospitalità, che è poi ciò che ci distingue. Vi aspetto alle tredici per l'aperitivo" aggiunsi quasi confuso.
Il contatto della sua mano sul mio braccio mi fece trasalire: sentii un calore piacevolissimo e, mentre scendevo le scale, ero totalmente preso da quella sensazione che non mi accorsi di Niccolò che stava venendo a cercarmi.
"Federico, sveglia!!! Cos'hai? Sembri imbambolato; la bella Maura ti ha stregato?"
"Hai visto che bella femmina, mi eccita moltissimo" gli risposi sempre con la testa fra l nuvole.
"Attento al marito; potrebbe essere geloso" parlava così perché non sapeva del loro essere naturisti e quindi abituati agli sguardi spesso concupiscenti degli altri uomini.
"Mi cercavi?" chiesi tanto per tagliar corto.
Voleva informarmi che erano arrivati una decina di ospiti, che desideravano mangiare fuori nel patio.
Erano passate da poco le dodici, quando la vidi scendere.
Indossava un caftano con tessuto fantasia, color rosa cipria, corto e sotto un bikini dello stesso colore, ma un tantino più acceso; ai piedi infradito con corolle di stoffa dello stesso colore dell'abito. Al braccio portava una borsa in paglia con manici lunghi, che sicuramente conteneva un cambio di costume.
Lui dietro, in pantaloncini corti e zoccoli.
"In attesa dell'aperitivo, andiamo a farci una nuotata" mi disse regalandomi un altro sorriso.
"Volete pranzare fuori, a bordo piscina o nella sala del camino" tanto per dire qualcosa.
"Dove pranzi tu" rispose lei e mettendosi sotto il braccio di Riccardo, si avviò verso la piscina.
Di solito io e Mary pranzavamo nella sala antistante la cucina, insieme a tutto il personale, ma l'invito era troppo allettante per non accettare: E poi, si sa, che a tavola si diventa subito più intimi.
Tornai in sala e misi al corrente Niccolò di questo fatto e lui non poté fare altro di raccomandarmi ancora una volta prudenza.
Mentre ero con il nostro amico, squillò il cellulare era Maria
"Ciao tesoro, come stai?" chiesi e dopo i convenevoli, volle sapere dell'arrivo degli ospiti e di come ce la stavamo cavando.
Rassicurata, mi comunicò che sarebbe tornata il mercoledì con il volo delle dodici e quindici.
"Vieni tu o Niccolò a prendermi?
"Chi preferisci? - chiesi con ironia - Amore, mi sa che qua si sta profilando qualcosina davvero interessante"
"Per chi?" e per sommi capi esposi le mie impressioni su Maura e Riccardo.
"Davvero dici? Sono curiosa di conoscerli, quasi quasi anticipo l'arrivo"
"Non è il caso, dopo domani sarai qua e..."
"Sì, ma tu, fai il bravo" si raccomandò.
"Vedremo" e la salutai.
L'aperitivo fu servito a tutti gli ospiti a bordo piscina; Maura era distesa sull'amaca e si dondolava.
Fu Riccardo a portare il calice alla moglie, mentre io intrattenevo gli altri ospiti.
Poi mi avvicinai a loro e alzai il calice per il brindisi.
"Alla nostra amicizia" disse Riccardo, guardando per un attimo sia me che la moglie, che, nell'alzarsi, per unire il suo calice ai nostri, perse il pezzo di sopra del bikini, mostrando il suo bellissimo seno.
Si attardò giusto un attimo a ricoprirlo, proprio per farcelo ammirare in tutta la sua leggiadria e sembrò quasi carezzare quelle stupende mammelle nel rimetterle al loro posto.
"C'è ancora tempo per una doccia?" e senza aspettare risposta, prese la sua borsa e si avviò verso lo spogliatoio.
Rimasi solo con Riccardo, che stava finendo di sorseggiare il suo aperitivo.
"Ti piace mia moglie?" disse con tono molto affabile.
"Molto, è molto bella e sensuale" risposi.
"La conosco, e sono certo che anche tu l'intrighi parecchio - continuò - ed io sono felice quando lei è felice. Vedi abbiamo scoperto tardi la trasgressione e questo è il nostro grande cruccio, ma ora ogni occasione è buona per cogliere l'attimo".
"Invece, io e Mary, è già da un bel po' che cogliamo l'attimo. Mercoledì la conoscerete e penso che ci potrà essere davvero una splendida intesa".
Gli accennai della nostra intima amicizia con Elena e Giorgio, di Maria che condivideva il letto con me e Niccolò, delle feste a tema organizzate al prive', degli amori saffici di mia moglie e della mia passione per il sesso anale.
"Debbo confessarti che con Maura non ho mai fatto sesso anale, è vergine da quel lato. Mi ha promesso, però, che, il giorno che si deciderà, sarò io il primo a violare il suo prezioso buchetto" disse d'un fiato Riccardo, versandosi dell'altro prosecco nel bicchiere ormai vuoto.
"Da come lo dici deve intrigarti molto" indicandogli con la testa il bozzo che si stava formando nel suo costume. Scoppiammo a ridere e, velocemente, si mise il pantaloncino non prima di esserselo aggiustato nello slip.
"Poi ce lo fai visitare il prive' - chiese - o vogliamo aspettare tua moglie?"
"Forse è meglio aspettare che torni Maria; lei sa qual è il modo migliore per stimolare e coinvolgere una donna; non ti preoccupare... per venerdì sera organizzeremo una serata in vostro onore. Sarà una bella festa"
Maura fu presto di ritorno e, come se fossimo già vecchi amici, si mise tra me e Riccardo e, sotto braccio, ci avviammo in sala pranzo.

Avevo fatto apparecchiare il tavolo centrale di fronte alla grande vetrata, e avevo chiesto a Flavia di servire lei, mentre Vittorio sfaccendava dietro al bancone del bar.
La cameriera della sala non sempre si prestava a stuzzicare gli ospiti maschi, mentre Flavia era una garanzia per tutti, uomini e donne.
Si presentò al tavolo con una minigonna nera che nascondeva a mala pena il tanga bianco che indossava e una camicetta, anch'essa bianca, sbottonata quasi del tutto.
Riccardo rimase senza parole, ma debbo dire che anche Maura la guardò con una certa ammirazione.
Il cuoco aveva espresso il meglio di se e, oltre ai complimenti per il servizio, altri furono rivolti al nostro meraviglioso chef.
Dopo pranzo Maura decise di prendere un po' di quel caldo sole, che ancora la stagione offriva, e volle salire su in terrazzo.
"Ti aspetto su - disse al marito e poi, rivolta a me - se, poi, vuoi venire pure tu...?"
Non ebbi il tempo di rispondere che già aveva preso a salire le scale.
Riccardo, quasi a darmi il suo consenso, mi strinse la mano e disse:
"Allora ti aspettiamo?!"
"Ok, vi porto il caffè" gli risposi, guardandolo fisso negli occhi.
Mi allontanai da lui e, da dietro al banco del bar, presi la moka elettrica e, mentre la stavo riempiendo, giunse Flavia.
"Occorre aiuto boss?" chiese.
"Grazie, sei sempre un tesoro, ma il caffè, da buon napoletano, lo faccio io" e le lanciai un grato sorriso.
"Intendevo anche altro: quei due intrigano un po' tutti, compresa la solerte cameriera" aggiunse riferendosi a Leda, la cameriera di sala, quella che aveva ricevuto la coppia in mattinata.
Leda era stata assunta all'inizio dell'estate e subito si era rivelata molto valida, dal punto di vista professionale. Sempre in prima linea, non si tirava mai indietro, nemmeno nei lavori più pesanti. Aveva poco più di quarant'anni, ma la fatica dei campi l'aveva invecchiata. Piccola di statura, credo non arrivasse al metro e sessanta, un tantino pienotta e anche parecchio prosperosa; capelli neri tirati sempre dietro la nuca e un viso tondo tondo da monachella.
Si riusciva poco ad immaginare il suo corpo, anche perché vestiva abiti larghi a mezze maniche, scuri e su di essi, appena entrava in servizio, indossava un bianco grembiulino, sempre perfettamente pulito.
"Ma che racconti - dissi rivolto a Flavia - secondo me quella, se vede un uomo nudo, sviene".
"Pensala come vuoi, ma dovevi vedere la sua delusione, mista a rabbia, quando hai chiesto a me di servire il pranzo"
Rimasi perplesso, non avevo intuito nulla, e le chiesi un supplemento di indagini sulla nostra cameriera.
"Faccio di più; fra un'oretta la mando su in solarium con un po' di bibite fresche" rispose sorniona.
Presi la moka e mi avviai su per le scale. Mi fermai in camera mia, mi tolsi gli abiti ed indossai un costume bianco a pantaloncino; presi un telo da mare dal cassettone e, con ai piedi un paio di infradito, giunsi sul terrazzo. E li vidi:
Maura, nuda, era stesa sul lettino a pancia sotto con le gambe leggermente divaricate. Mostrava il magnifico sedere, leggermente aperto con l'interno del solco delle natiche più scuro rispetto al culetto stesso. Da sotto si stagliavano maestose le grandi labbra della sua vagina. Il seno, compresso sul lenzuolo teso della sdraio, traboccava ai lati del corpo.
Pure lui nudo, era steso supino; leggeva, con gli occhiali poggiati sulla punta del naso, e là, tra le gambe, mostrava una bella protuberanza.
Poggiai la macchinetta del caffè sul tavolino, mi tolsi il costume e mi avvicinai, cercando di mantenere un comportamento quanto più naturale possibile.
"Eccoti finalmente" esclamò Maura, guardandomi di sottecchi.
Stesi il telo sul lettino e mi sdraiai accanto a lei.
"Ho messo su la moka; fra qualche minuto vi servo un vero espresso napoletano".
"Ottimo e poi mi spalmerai un po' d'olio sulla schiena. Riccardo si è rifiutato: gli dà fastidio ungersi le mani".
Era tutta una messinscena studiata dai due? Non mi interessava più di tanto; il desiderio di toccarla e sentire il suo corpo sotto le mie mani, mi eccitava molto, tanto che il solo pensarlo mi fece rizzare il cazzo. Me ne resi conto solo quando mi alzai per versare il caffè e tutti e due, marito e moglie mi guardarono con un malcelato stupore.
Ressi lo sguardo dei due e, senza farmi inibire, mi avvicinai alla macchinetta e versai il contenuto nelle tre tazzine.
Avvicinai il tavolinetto alle sdraio e lì zuccherai il caffè, porgendo la prima tazza a Maura che fu costretta a girarsi per sorbirlo.
Fu allora, ancora seduta, che mi apparve in tutto il suo splendore.
Il seno svettava ben dritto e i due capezzoli erano ben turgidi, poco più giù il pancino, appena accentuato, celava quasi il monte di venere, e la figa, completamente glabra, era ben nascosta tra le gambe strette.
Prese dalla mia mano la tazzina e quasi sfiorò, con il gomito, il mio pene dritto come un fuso.
Riccardo, in silenzio, seguiva l'evolversi delle cose e cominciò a sorseggiare il suo caffè. Forse ci fu un attimo di imbarazzo da parte della donna, ma poi, come se nulla fosse di più naturale, sorbì il suo caffè.
Bisognava battere il ferro finché caldo e, quindi, allungai la mano e presi l'olio solare.
"Dai, stenditi, che te lo spalmo" fu il mio invito.
Lei scivolò sul lettino e, supina, aspettò che iniziassi.
Incominciai dalla base del collo e, con un massaggio circolare, pian piano raggiunsi il seno.
Era caldo, morbido, ma allo stesso tempo pieno. Feci scivolare le dita dall'alto e, quando raggiunsi i capezzoli, allargai il medio e l'anulare e li accolsi tra loro. Mi bastò stringere le due dita per farla sobbalzare.
Riccardo si era alzato e ci guardava. Pure lui era eccitato e si stava toccando.
L'olio stava producendo un benefico calore che, unitamente al massaggio, stava procurando tanto piacere a Maura.
Ero all'altezza dell'ombelico, quando lei stessa, con una mossa fulminea, mi prese la mano e se la portò giù giù sulla sua vagina.
In un attimo raggiunsi il clitoride e, al nuovo sobbalzo, si aggiunse un rantolo di piacere.
"Non fermarti! Dai, più veloce, più forte... voglio godere!" sospirò.
E, sempre senza aspettare, allungò la sua mano e la portò sul mio basso ventre.
Lo prese in mano e, prima con delicatezza, ma poi, via via sempre più forte, prese a menarmelo.
Eravamo veramente un bel quadretto: io con due dita nella sua vagina, lei con il mio cazzo duro in mano e Riccardo che si masturbava senza ritegno.
Fu un attimo e, seppure con fatica, riuscii a stendermi dietro di lei, che alzò la gamba destra, offrendomi così la sua vagina.
Entrai in lei in un solo colpo e, a contatto con il suo virgineo culo, cominciai a chiavarla.
Lei non gridava, uggiolava come un cane e spingeva sempre più forte.
Il marito la guardava con profonda eccitazione e, avvicinatosi ancor di più. le offrì il cazzo da succhiare.
Maura si protese giusto quel tanto per prenderlo in bocca.
Riuscimmo a sincronizzarci, ma credo che ognuno di noi era teso al raggiungimento del proprio piacere, del proprio godimento.
Lei si contorceva e più d'una volta Riccardo corse il rischio di farselo staccare, ma insisteva ad alloggiarlo nella bocca di sua moglie.
Lei venne con un grido e uno spasimo vaginale violento e brusco, che mi attanagliò il membro e, solo quando si rilassò, partirono tre o quattro fiotti del mio sperma che le riempirono la figa.
Ansimavamo ancora, quando anche Riccardo liberò, in bocca a sua moglie, il suo carico di calda crema.
Non erano passati nemmeno cinque minuti ed eravamo ancora attorcigliati gli uni all'altra, quando la porta del solarium si spalancò ed entrò Leda, con il vassoio delle bibite fredde.
Si bloccò sull'uscio, con la bocca aperta e senza riuscire ad articolare alcun suono. Poi, come destatasi, si avvicinò al tavolino e poggiò la caraffa e i bicchieri. Sempre facendo finta di non guardare:
"Posso esservi ancora utile per qualche cosa" chiese, ma con evidente timore circa la risposta.
"Sì, per favore vuoi portarci tre teli puliti, per fare la doccia?" dissi.
Ebbe un sospiro di sollievo o, forse, di rammarico? Lo avremmo scoperto presto.
"L'hai spaventata: sei un sadico - disse Maura scherzando - quella si licenzia" concluse.
Ebbi pure io un attimo di panico, invece la vedemmo apparire di nuovo:
"Ho pensato che tre accappatoi potessero essere più idonei, serve altro?"
La sua efficienza aveva di nuovo preso il sopravvento. Venne verso di noi, recandoci gli accappatoi, ma questa volta il suo sguardo non fu affatto sfuggente, anzi si attardò proprio a guardarci.
Vidi nei suoi occhi qualcosa di malizioso, che fino ad allora mi ero sfuggito; un qualcosa di femmineo che la rese anche un tantino più seducente.
"Leda, faccio la doccia e scendo; dovrei chiederti un favore per venerdì sera" le dissi.
"L'aspetto giù; ora vado" disse e, questa volta, ci sorrise.
"Mi sa che tua moglie ti ammazza" disse Riccardo, prendendo il suo asciugatoio e dirigendosi verso la doccia.
Maura, solo quando il marito si fu allontanato, carezzandomi il petto mi sussurrò:
"E' stato bellissimo... mi hai fatto godere".
Avvicinai la mia bocca alla sua e la baciai.
Lei si distese di nuovo sul lettino e mi chiese un bicchiere di succo d'arancia.
Glielo porsi e, mentre lo sorseggiava, mi chiese:
"Che tipo è tua moglie?"
Gliela descrissi abbastanza dettagliatamente e raccontai anche a lei delle nostre trasgressioni.
"Non vedo l'ora che torni; e se non le siamo graditi?" disse preoccupata.
"Conoscendola, ti garantisco il contrario: scommettiamo?"
"Meglio di no; questo l'ho già promesso a Riccardo - disse toccandosi il culo - ma, se decido, subito dopo potrebbe essere anche tuo"
Feci pure io la doccia e li lasciai ancora nel solarium; scesi in camera e mi rimisi in ordine.
Giù nell'atrio c'era Niccolò e, appena mi vide:
"Dal viso mi sembri soddisfatto, quindi niente "Cavalleria rusticana"? Speravo che mordessi l'orecchio del marito e accettassi il duello" disse sorridendo.
“Per fare la fine di compare Turiddu? invece niente di tutto questo, tranquillo" risposi, ricambiando il sorriso.
Ma, a quel punto, mi ricordai di Leda e andai a cercarla.
Era nella sala da pranzo; stava apparecchiando il tavolo per la sera e canticchiava.
Arrivandole da dietro, lei ebbe un sobbalzo e ci trovammo faccia a faccia.
"Scusa, ti ho spaventato? Non volevo... non credevo di essere tanto brutto".
"Ero sovrappensiero: vuole parlarmi qua o nel suo studio?"
"Dove preferisci?" risposi.
"Meglio di là - indicando il mio ufficio - finisco di apparecchiare e la raggiungo".
Aspettai si e no cinque minuti, stavo controllando alcune fatture, quando il bussare leggero alla porta mi riportò al presente.
"Avanti - e lei entrò - accomodati, solo un attimo e sono da te"
Si sedette davanti alla scrivania e, per creare un pizzico di phatos, guardandola da sotto gli occhiali, continuai a sfogliare le mie carte.
Si vedeva che era impaziente e soprattutto curiosa di quello che dovevo dirle. Quando vidi che per l'ansia dell'attesa cominciava a scuotersi sulla sedia, la guardai negli gli occhi e dissi:
"Innanzitutto meriti una gratifica, per quello che hai fatto oggi - mi alzai e girando attorno alla scrivania, andai a sedermi sulla sedia posta accanto alla sua - se non era per te, questa mattina, quei due poveretti chissà per quanto tempo sarebbero rimasti fuori la villa."
Tirò un respiro di sollievo, anche se aveva intuito che quello che volevo da lei era altro.
"Se è solo per questo, non si preoccupi: ho fatto quello per cui lei mi paga e sono felice di lavorare per lei e per la sua signora" disse tutto d'un fiato.
"Leda, tu meriti molto di più; ti vedo veramente sacrificata nei panni della laboriosa cameriera; sarebbe bello far uscire la meravigliosa creatura che nascondi ma, sicuramente, alberga in te. Per questo volevo proporti ...."
Non finii la frase il cellulare squillò. Era Flavia che avendo compreso tutto avrebbe voluto intervenire. La liquidai velocemente e proseguii:
"Volevo proporti un lavoro, il venerdì e sabato sera".
Era rossa in viso e si stava mordendo le labbra. Sapeva quello che succedeva in quelle serate e, sicuramente, l'eccitazione a farne parte, forse era giò presente in lei.
"E lei crede che potrei essere capace... ma mi ha guardato bene, ci vorrebbe un miracolo"
"Dimmi di sì ed io sarò il tuo Pigmalione; difficilmente sbaglio a valutare una persona e in pochi giorni ti faccio diventare la più desiderata del mio prive', poi sarebbe davvero una bellissima sorpresa per la signora Maria."
La vidi titubante, perplessa.
"Aspetta... non dirmi subito di no; riflettici... ti affiderei alle cure di Flavia, che ti darà i consigli più opportuni."
"No! - e si fermò per un paio di secondi, facendomi intendere che avesse espresso un rifiuto - Se decidessi di accettare, vorrei che fosse lei, e non Flavia, a provvedere alla mia metamorfosi.
Stasera, prima di andare via, le darò una risposta."
Mi feci raccontare un po' della sua vita e seppi che era figlia unica; i genitori contadini, per strapparla alla campagna, l'avevano fatto studiare e si diplomò ad una scuola alberghiera. A vent'anni conobbe un ragazzo che la mise incinta e scomparve. Con l'aiuto dei genitori aveva tirato su quel figlio e dovette, per forza di cose, spaccarsi pure lei la schiena nei campi. Aveva detto basta con gli uomini e si era chiusa sempre più in se stessa.
Ora, più che mai, volevo tenderle una mano e farle provare un po' di felicità.
Certo che mi ero assunto un compito non tanto facile. L'aiuto di Flavia, che lei aveva rifiutato, mi pesava e non poco. Comunque, qualcosa senz'altro avrei escogitato.
Intanto, avrei interpellato l'estetista/parrucchiera di mia moglie e mi sarei affidato alla sua perizia.
"Se non ha altro da chiedermi, torno di là per finire il mio lavoro"; così dicendo si alzò e si avviò verso la porta, ma, prima di aprirla, si voltò e, con un grato sorriso, aggiunse:
"Comunque, debbo farle i miei complimenti".
"Per cosa?" chiesi.
"Per il gioiello che possiede" e, strizzandomi l'occhio confidenzialmente, si richiuse la porta alle spalle.
Quello che mi aveva appena detto, mi portò a ben sperare.
Alle sei squillò il telefono interno: era Riccardo:
"Scusami Federico, Maura voleva sapere come vestirsi e a che ora scendere per la cena"
"Ma sicuramente in modo comodo, senza nessuna formalità, venite quando volete, anche ora; di solito si cena dalle diciannove e trenta in poi. Volevo chiederti se per voi va bene fare un tavolo unico insieme ai miei collaboratori."
Alla sua risposta affermativa, diedi disposizioni a Vittorio di provvedere in tal senso.
La cena, specie la domenica sera, era tipo self service, con le pietanze poste su carrelli, dove ognuno provvedeva a prendere ciò che desiderava.
I nostri ospiti scesero qualche minuto dopo le sette.
Lui in pantaloni di lino chiaro, con una camicia celeste con maniche arrotolate all'avanbraccio.
Lei indossava shorts color cachi, con fascia elastica in vita, e sopra un top allacciato sotto al seno, appena più chiaro; ai piedi delle zeppe in rafia intrecciata, con cinturino alla caviglia. Un incanto!.
Vittorio, che stava preparando un drink, per guardarla fece un movimento goffo e rovesciò il contenuto dello shaker sul bancone; Flavia lo redarguì quasi infastidita, ma pure lei la guardava con ammirazione.
Fui io a rompere questo momento di impasse e li invitai tutti al bar per l'aperitivo.
Maura, circondata da quattro uomini, eseguì una ritirata strategica, per cui prese sottobraccio Flavia e con lei si rifugiò in giardino.
Fecero subito amicizia quelle due; le loro risate argentine si udivano distintamente dalla sala, mentre noi si commentavano i risultati di calcio di quella giornata.
Fuori cominciava ad esser fresco; difatti si era levata una leggera brezza e Flavia riportò dentro la sua nuova amica, le offrì anche uno scialle che teneva sempre a portata di mano.
"Allora, signori uomini, le vostre due damigelle hanno un leggero appetito: ci sediamo?" domandò Maura e, senza perdere altro tempo, prese un piatto e si avviò verso il carrello delle vivande.
La cena si svolse in piena allegria, con Niccolò che si sforzava a fare il piacione, cercando di ingraziarsi la nostra ospite, che però, stranamente, teneva occhi solo per il marito.
Il dopo cena fu altrettanto piacevole: le due donne si stavano raccontando chissà cosa e noi tre guardavamo la TV, mentre Vittorio metteva ordine al bar.
La giornata trascorsa era stata abbastanza faticosa e fu proprio Maura a proporre di andare a dormire.
Ci salutammo affettuosamente, quando Riccardo mi tirò un attimo in disparte e, sottovoce, mi chiese:
"Non hai per caso del gel lubrificante: stasera mi sa che è la volta buona".
"Vieni - e lo attirai nel mio studio - prendi questo" e gli consegnai un flacone nuovo di zecca.


(Continua)
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