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"Villa Mary: oasi di piacere per nuovi amici"


di quartofederico
26.10.2020    |    5.618    |    5 9.1
"Venni con un rumoroso grugnito e inondai il suo intestino con una lava di crema bollente..."

Lo prese e si stava allontanando, ma quasi sulla porta si girò e
"Ti va di essere dei nostri?" chiese sotto voce, timoroso e con gli occhi bassi.
"E me lo chiedi?" risposi rassicurandolo.
Sicuramente la richiesta veniva da lui e per dargli il tempo di parlarne con Maura, gli dissi:
"Dammi una decina di minuti e vi raggiungo".
Si allontanò e da sotto l'uscio mi rivolse uno sguardo sicuramente più sereno, più tranquillo.
Lasciai tutto come stava, chiesi a Niccolò di provvedere lui a chiudere tutto e scappai in camera mia. Mi spogliai rapidamente e giusto il tempo per fare un veloce bidè e una sciacquatina ai denti e sgattaiolai in corridoio.
Non c 'era nessuno nei paraggi e in mutande raggiunsi la loro camera.
Entrai senza bussare; Maura era seduta sul letto con indosso una camiciola trasparente, senza intimo, e Riccardo, rientrava dal bagno nudo.
Si sedette anch'egli sul letto, mentre io, in piedi, aspettavo l'invito ad avvicinarmi.
C'era un certo imbarazzo e, sicuramente, se non avessi fatto io il primo passo, avremmo visto il sorgere del sole come le belle statuine.
Mi avvicinai e allungai una mano per carezzare la testolina bionda e spingerla verso il basso ventre del marito.
Lei prese in mano il cazzo già bello duro del marito e lo scappellò.
Avvicinò la bocca e baciò la cappella turgida e poi se la fece scivolare in bocca.
La lingua, in parte fuori dalla bocca, leccava l'asta da sotto, mentre con la mano destra carezzava la borsa dei testicoli.
Era uno spettacolo davvero eccitante, ma dovevo essere della partita anch'io e così mi avvicinai ancor più ai due.
Fu Maura ad allungare una mano e cominciò una lenta masturbazione.
Riccardo era ad occhi chiusi e stava sognando, ma l'obiettivo da raggiungere era un altro.
Ancora una volta intervenni con tatto, ma in modo deciso e, tirandola a me, le feci abbandonare il cazzo del marito e la stesi sul letto girandola sul fianco.
Con un tantino di apprensione, guardò negli occhi prima lui e poi me e da sola si stese carponi sul letto.
Presi i due cuscini e li misi sotto il suo pancino: la posizionai un po' più in alto, quasi a pecora.
Riccardo mi lasciava fare, segandosi per mantenerselo duro e lei, vedendolo avvicinare, si irrigidì e
"Fai piano, amore, lo sai..." volle raccomandarsi al suo uomo.
Egli voleva prepararla come davvero meritava, per cui si stese sul letto con le gambe penzoloni e la testa sotto il bacino della moglie.
Cominciò a leccarle la figa, che era già abbondantemente madida delle secrezioni del suo piacere, e proseguì fino a raggiungere il bottone turgido del clitoride.
Il primo colpo di lingua la fece sobbalzare e, con un lamento che somigliava ad un pianto, cominciò a muovere il culo ed a spingersi sempre più sul viso del marito, che continuava senza sosta.
Si lasciò andare sul cuscino e Riccardo fece in tempo a tirarsi da sotto e, apertale le natiche spinse la lingua verso il buchino inviolato.
La saliva stava facendo il suo effetto: le mucose dell'ano si stavano rilassando ed il buchetto cominciava ad aprirsi.
Ci sapeva proprio fare! Con la lingua la stava portando verso un godimento sottile, lieve ma, allo stesso tempo, visibile. Difatti, Maura, con gli occhi semichiusi e un sorrisetto impertinente, si stava godendo quell'attimo di beatitudine, preludio di un nuovo e mai provato piacere.
Era davvero pronta e, rimessasi da sola a pecora, si aprì le natiche con le due mani, offrendo al marito l'ultima verginità che l'era rimasta.
L'uomo prese il flacone del gel e ne fece scorrere nel solco delle natiche una bella dose, che cominciò a scivolare verso il forellino ambrato.
Fu lui ad accompagnare la crema con il medio della mano destra e con una leggera pressione fece scivolare il polpastrello nel buco del culo di Maura.
Lei ebbe solo una leggera smorfia e, senza irrigidirsi, aspettò pazientemente che il dito entrasse in lei.
In meno di un minuto si era abituata e, solo allora, l'uomo si alzò leggermente sui talloni e poggiò la cappella sull'ano e lo deflorò.
Non urlò, anche perché aveva affondato il viso nel cuscino, ma mi prese la mano e me la strinse con forza.
Mi sembrò di stare nella sala parto di una clinica e di essere il marito o compagno di una donna che stava partorendo.
Credo che il dolore non impiegò molto a scomparire, per lasciare il posto al piacere.
Difatti, mano mano che il ritmo di Riccardo aumentava, lei prese a muovere il bacino assecondando i colpi.
Sempre stringendomi la mano, si accasciò sul letto, mossa che le fece scappare il cazzo dal culo; Riccardo la strinse a sé, la girò sul fianco e, d'un colpo, glie lo rimise nel sedere.
Un accenno di grido, ma poi ripartì alla grande.
Ero eccitatissimo e non potevo restare solo a guardare: con cautela e senza disturbare, mi stesi a sessantanove e, offrendole il cazzo, cominciai a leccare la sua figa grondante.
Mi venne in bocca e le sue contrazioni fecero sborrare anche il marito che uscì quasi subito dal suo ano. Dovevo godere e lei, con altre quattro o cinque pompate, si fece riversare in gola il mio abbondante carico di sperma.
Rimanemmo in silenzio per un quarto d'ora, poi visto che lei si era assopita, salutai Riccardo e me ne tornai in camera mia.
Mi addormentai subito e dormii profondamente tutta la notte.
L'indomani mi alzai poco prima delle sette: avevo un lunedì pieno di impegni.
Oltre a quelli già presi in precedenza c'era da contattare l'estetista per Leda.
Feci una doccia e mi preparai velocemente.
Prima di scendere, mi avventurai fino in fondo al corridoio per carpire eventuali rumori provenienti dalla stanza di Riccardo e Maura.
Niente; non filtrava luce da sotto la porta e nessun segno che fossero svegli.
Avrei voluto portar loro il caffè.
Scesi nella hall, tolsi l'antifurto e aprii le finestre.
Una gradevole frescura mi investì: era proprio una bellissima giornata di settembre.
Mentre fantasticavo, sentii la serratura del cancello scattare: era Leda che, dopo aver parcheggiato, si accingeva a cominciare il suo lavoro.
La sera precedente mi aveva salutato con un "OK" fatto con il gesto delle dita e ora toccava a me attivarmi.
Il suo buongiorno mi sembrò più radioso del solito e, mentre indossava il suo grembiule bianco, mi chiese se avessi preso il caffè.
"Aspetta lo prendiamo assieme" e lei mi sembrò ancora più contenta.
Volli prepararlo io e, nei pochi minuti che aspettammo, le chiesi se avesse dormito bene.
"Diciamo! Un tantino agitata, ma voglio darle retta: chissà che per me non inizi una fase di vita un po' più piacevole di quella finora trascorsa".
Rientrai nel mio ufficio e telefonai all'estetista di Maria. Le spiegai brevemente quello che desideravo; conosceva di persona Leda e, seppur considerandola una "Mission Impossible", fu lo stesso lieta di aiutarmi.
Si sarebbe incaricata anche dell'abbigliamento e mi chiese di mandarla nel suo studio il prima possibile.
Mi raccomandai, inoltre, di non farne parola con nessuno; doveva essere una sorpresa sia per Maria che per tutti gli altri. Doveva riferire solo a me degli sviluppi della metamorfosi.
Misi al corrente Leda di questo e la collocai in ferie, fino alle otto di sera del venerdì.
Si tolse il grembiulino bianco e, prima di allontanarsi, disse:
"Vorrei che fosse lei a controllare, mano a mano, l'evolversi della situazione e riportarmi nel mondo reale, se scoprisse che...."
Non le feci finire la frase e, per la prima volta, la strinsi a me. Si lasciò andare e, alzatasi sulla punta dei piedi, mi diede un bacio sulla guancia.
"Non ti preoccupare, ti chiamerò tutti i giorni e, se è il caso, verrò a controllare”.
“Sarebbe molto bello se lo facesse” mi disse.
"Leda, ricordati: deve essere un segreto tra me e te, per tutti, sei semplicemente in ferie".
L'accompagnai alla porta e si avviò alla macchina, ma. prima di salire a bordo, si girò e mi fece un gesto di saluto con la mano.
Nel frattempo era giunto lo chef ed era veramente di buon umore: in pescheria aveva trovato delle triglie freschissime; le avrebbe cucinate al cartoccio, alla livornese; scesero pure Vittorio e Flavia.
"Buongiorno Boss, dormito bene?" chiese Flavia con un sorrisetto sarcastico.
"Meravigliosamente bene" risposi deciso.
"E lo credo - disse strusciandomisi addosso - profumi ancora di lei! Ma Leda?"
"Mi ha chiesto una settima di ferie e glie l'ho concessa, brutta impicciona".
"Scommetto che il caffè a quei due, per forza maggiore, sarai costretto a portarglielo tu".
"Purtroppo, non c'è la cameriera, per cui rassegnati" risposi, con la stessa ironia.
"Comunque, stasera mando Vittorio a dormire giù: russa troppo per cui... ma, ce la fai???"
"Che credi?" e, preso dal banco il vassoio con i tre caffè e il bricco del latte mi avviai su per le scale.
La porta della numero sei era socchiusa, per cui bastò spingerla per spalancarla.
Maura era sola nel letto.
"Buongiorno, permesso? - chiesi - e Riccardo?"
"E' andato a prendere una boccata d'aria in terrazzo; ma che caro: c'hai portato il caffè?" disse.
Le stavo allungando una tazzina, mentre lei si sedette sul letto, ed il lenzuolo, birichino, le scivolò sulle ginocchia, scoprendo il bellissimo seno.
"Quanto sei bella" le dissi, sedendomi al suo fianco e osando una carezza; mi sembrò che arrossisse leggermente.
In quel momento arrivò Riccardo, che si appoggiò sul letto e prendemmo il caffè tutti e tre assieme.
Il grazie di lei, era un grazie sicuramente non tanto per il caffè servito in camera, quanto stava ad intendere altro.
"Vi lascio; il dovere mi chiama; programmi particolari per la giornata?"
"Non ti preoccupare - Maura rispose - c'è tanto da fare in questa villa; ci ritroviamo più tardi giù" e mi mandò un bacio con la mano.
Li lasciai e cominciò veramente il mio lavoro.
Sentii Maria, l'aggiornai su quasi tutto quello che stava succedendo, poi incontrai il giardiniere e, dopo con Niccolò, cominciammo ad organizzare per il venerdì sera.
Comunque anche quel giorno Flavia e Maura passarono una bellissima giornata, prima a bordo piscina e poi in solarium, e vederle felici ci rese contenti tutti.
Riccardo si era accodato alle due e, con la discrezione che mi distingue oltre che da buon padrone di casa, non volli conoscere i particolari.
Il pranzo, squisito, procurò una "Standing ovation" al cuoco, che quasi si commosse.
Nel tardo pomeriggio contattai l'estetista per avere ragguagli sul suo lavoro:
"Ti dirò, credevo peggio; sai che sotto quei panni si nascondeva una donnina niente male? Mi sa che resterete tutti a bocca aperta; lasciami ancora qualche giorno e, solo a te, darò delle belle notizie".
Oltre a ringraziarla, la invitai per il venerdì sera.
Quella sera Flavia mandò per davvero Vittorio a dormire fuori dal suo letto, ma egli avrà, veramente, preso la via del retrobottega?
"E' un gran bel ragazzo " aveva affermato Maura durante il pranzo, riferendosi a Vittorio, per cui qualche dubbio mi assalì.
Fui, come al solito, l'ultimo a salire su, e vedendo la porta spalancata della camera della mia ballerina, compresi l'antifona.
"Che stanchezza, sto cascando dal sonno" dissi, stiracchiandomi sull'uscio.
"Sei un mentitore incallito, ti conosco molto bene! Entra subito, se non vuoi che ingigantisca le cose e ti faccio litigare con tua moglie" rispose Flavia, scherzando e mostrandosi completamente nuda.
Non me lo feci ripetere la seconda volta e, con il piede, chiusi la porta dietro di me.
Fu un amplesso favoloso. Avere tra le braccia una donna giovane e bella, ti toglie venti anni di dosso.
Facemmo l'amore per più di un’ora e venne squirtando. Si staccò da me quando mi sentì sull'orlo del baratro, e attirandomi a sé e volle che le godessi in faccia.
Mentre mi segavo a cinque centimetri dal suo viso, cacciò fuori la lingua e bastarono due colpi della sua punta che mi fecero emettere tre o quattro schizzi, che la colpirono tra gli occhi e la fronte.
Continuai a colare ancora qualche goccia di sperma, che, invece, fu raccolta con la lingua.
Flavia non era ancora soddisfatta: aveva ancora contrazioni del bacino per cui, con occhi supplichevoli e spingendomi la testa verso il suo basso ventre, mi costrinse a darle il colpo di grazia. Furono sufficienti pochi colpi di lingua, dalla vagina al clitoride, per farla godere di nuovo.
Raccolsi il suo nettare e avidamente lo ingoiai: non so cosa fosse esattamente, ma mi inebriai lo stesso.
Entrambi crollammo sul letto, io tra le sue gambe con le mie penzoloni fuori.
Appena mi fui ripreso, le scivolai accanto e con la testa sul suo seno come cuscino, mi addormentai così quasi fino all'alba; poi facendo piano, per non svegliarla, sgattaiolai in camera mia.
Mancava un giorno al ritorno della mia Signora.
Alle sette, come di solito, ero già sceso giù e stavo preparando il caffè, quando sentii dei passi dalle scale. Era Flavia che, guardandomi negli occhi:
"Stanotte ho avuto un incubo - disse - un vecchio decrepito, malandato, malridotto che voleva approfittarsi di me".
"E perché non hai gridato? Sarei venuto in tuo aiuto" ironizzai.
"Mica ero matta! Non so da quanto lo stavo aspettando - poi sorridendomi disse - Ho goduto e tu?"
Non risposi subito, le passai la tazzina del caffè e attirandola a me la baciai in bocca.
La mattinata, però, prese una brutta piega.
Niccolò fu costretto a tornare a Milano: il suo anziano genitore doveva essere operato all'anca per cui in fretta e furia mi diede le consegne per le prenotazioni del fine settimana. Avevamo due coppie di ospiti, una delle quali chiese anche il pernottamento e la pensione completa per il sabato. Andando a verificare erano quelli che chiedevano sempre la camera numero sei.
Forse una coincidenza? Oppure un invito esplicito di Maura e Riccardo?
Aiutai a mettere il borsone di Niccolò in macchina e lo salutai con la promessa di tenerci informati.
Maura e Flavia, sempre più affiatate, seguite da Riccardo passarono l'intera giornata a prendere il sole in terrazzo.
Io richiamai la parrucchiera di Maria e chiesi di aggiornarmi.
Il trattamento estetico stava andando avanti e dalla voce eccitata si capiva che era soddisfatta.
Scese Riccardo verso le tredici e chiese se fosse possibile saltare il pranzo ed avere tre panini da portare su con tre bibite.
"Perché non vieni su anche tu?" mi chiese
Alla mia risposta negativa, propose:
"Posso invitare Vittorio?"
Al mio assenso si avvicinò al ragazzo e con fare ammiccante gli rivolse l'invito. Fu così che i panini passarono a quattro ed insieme risalirono in terrazzo.
Erano passate le cinque e ancora non si vedevano, per cui mi decisi di salire in solarium per andare a controllare.
Entrando, vidi i quattro che, imperterriti. prendevano ancora il sole.
Maura supina, a gambe aperte, e Flavia, alla sua destra, a pancia sotto.
Di fronte i due maschi, pure loro stesi, che ammiravano quel bellissimo panorama.
"Non vi siete ancora stancati di oziare" dissi loro per stuzzicarli.
Non mi degnarono né di uno sguardo, né di una risposta; per vendicarmi presi la pompa dell'acqua e mi avvicinai minaccioso.
Fu Maura a farmi segno di avvicinarmi e mi fece sedere al suo fianco sul lettino.
"Mi gratteresti un po' la schiena?" mi chiese con la sua vocina ammaliante, girandosi.
E così cominciai a far scorrere le dita sulla sua pelle. Le vennero i brividi, che aumentavano man mano che scendevo giù.
Quando raggiunsi i glutei lei inarcò la schiena, offrendomi così il suo culetto.
Attraversai il solco e mi soffermai un attimo sul buchino, per poi proseguire verso il suo sesso.
Fermò la mia mano con la sua e mi sussurrò:
"Fermati, se no me la faccio addosso".
"Vieni " le dissi, prendendola per mano. Si alzò e si fece accompagnare in bagno.
"Dai... esci!" mi disse, senza molta convinzione.
"Fatti guardare, mi eccita da morire" - e si sedette sul water un istante prima che lo scroscio della sua pipì partisse.
Mi avvicinai ancora di più e mi inginocchiai per vedere la cascata di pioggia dorata uscire dalla sua meravigliosa vagina.
Lei rimase in silenzio e mi guardava eccitata.
Quando ebbe finito, allungò la mano per prendere il rotolo della carta igienica, ma l'anticipai e volli essere io ad asciugare la sua intimità. Si spinse all'indietro e aprì le cosce: fui inebriato dal suo odore, ammaliato dalla sua figa spalancata e tentato di mondare con la lingua la sua passerina. Non ne ebbi il tempo, allontanò con garbo la mia faccia e mi dovetti accontentare di usare la carta igienica.
Tornammo di là, mentre gli altri tre si stavano rimettendo il costume ed io, con un gesto di cortesia, passai a Maura il suo.
"Stasera che si cena?" chiese Flavia evidentemente affamata.
Lo chef era andato via, ma per pranzo aveva preparato rigatoni al sugo e polpette di manzo fritte e ripassate nel sugo.
Maura si offrì di usare la pasta per farla fritta, come usano dalle loro parti, per cui io mi avviai giù a preparare l'aperitivo mentre loro andavano a prepararsi per mettersi a tavola.
Impiegarono una buona mezz'ora e quando furono tutti giù mi trovarono dietro il bancone del bar che ancora trafficavo con gli ingredienti per lo spritz.
"Boss, ti prego, lascia fare a me!" e Vittorio mi tirò fuori, scherzosamente, dal suo posto di lavoro.
Flavia stava apparecchiando e Maura, indossato un grembiulino bianco, si portò in cucina.
Fui io a portare il calice con l'aperitivo alla novella cuoca e, prima solo noi due, e poi insieme agli altri che ci avevano raggiunti, brindammo alla nostra amicizia e all'intesa che ormai si era creata.
Avevo scovato in cantina un paio di bottiglie di "Nero d'Avola" e piacevolmente consumammo una buonissima pasta fritta e le polpette del mio chef.
Il vino era buono, come pure la compagnia, e fu Flavia a proporre, con quella faccia sbarazzina:
"No, amici cari, la serata non può finire così; propongo di dormire tutti assieme; - e rivolta a noi uomini - vediamo se voi tre, riuscirete a chiudere occhio."
Poi si avvicinò a Maura e con il gesto del "dammi il cinque" sancì, per lo meno con lei, l'accordo.
Noi tre maschietti ci guardammo perplessi, sapendo benissimo di non poterci esimere dalla proposta di Flavia; ma era pur vero che Vittorio e Riccardo, sicuramente, quel pomeriggio non se ne erano stati con le mani in mano.
L'unico che aveva recuperato dalla notte di passione con Flavia ero io.
Vittorio era giovane e sicuramente già pronto per il prossimo round e fu il primo che si incamminò con le due donne verso il giardino.
"Forse era più opportuno del ginseng, al posto del vino; - sbottò Riccardo - Flavia è un'indiavolata: oggi mi ha letteralmente prosciugato e nemmeno stanotte ha deposto le armi; ha cacciato il suo uomo dal letto che ha chiesto asilo politico a me e a Maura; è da domenica pomeriggio che non mi fermo e siamo solo a martedì. Arriverò a sabato notte?"
"Dai, non fare quella faccia! Tu gioca di rimessa, senza calcare troppo la mano e vedrai che otterrai un buon risultato" dissi con enfasi.
"Speriamo! E che il cielo me la mandi buona" affermò rassegnato.
Lo presi sottobraccio e raggiungemmo il gruppo.
Decidemmo che il campo di battaglia fosse la camera mia: era la più grande e quindi la più idonea; bastò, difatti, aggiungere un altro materasso per terra e fummo pronti per la tenzone.

Maura e Flavia, incitate da noi uomini, cominciarono uno spogliarello. Si posizionarono ad un paio di metri da noi che eravamo seduti sulla sponda del letto.
Flavia, sotto il vestitino corto, non indossava nulla, per cui rimase nuda subito e, con finta pudicizia, si copri le nudità con le mani e con il mini abito. Sembrava la "Venere di Botticelli" e di corsa venne verso di noi; si sedette sulla poltroncina bassa della toletta da trucco di Maria. Prima di accavallare le gambe, mostrò, in tutta la loro bellezza, i tesori che madre natura le aveva donato.
Maura, invece, la fece un tantino più complicata.
Indossava un tubino stretto e, facendo finta che la cerniera lampo si era inceppata, chiede aiuto ad uno di noi. Siccome ci eravamo alzati tutti e tre lei:
"Calma - disse e, togliendosi le scarpe, si accinse a lanciarne una - chi la afferra sarà il mio boy".
Mi tuffai e, degno di un portiere della nazionale, la bloccai in due tempi.
Mi avvicinai e compresi che era una messi in scena; comunque stetti al gioco e, facendo finta di forzarla, riuscii a farla aprire.
Mi scostò di lato e si fece scivolare da dosso lo stretto abito, che fece roteare sulla sua testa per poi lanciarlo verso il suo pubblico.
Il reggiseno a balconcino fece subito la stessa fine e, tra gli applausi e gli hurrà, molto lentamente, abbassò la culotte in pizzo nero e si girò di schiena per sfilarla completamente.
Era nuda e avrei fatto qualunque cosa per farla mia.
Le stesi la mano e, come fanno i ballerini alla fine di una esibizione, la mostrai al pubblico, che in delirio la osannò.
Anche Flavia si stava eccitando, ma intuendo le mie vere intenzioni, si alzò dalla poltroncina e si posizionò davanti a Riccardo e Vittorio, che l'attirarono sul letto.
Maura mi osservò e, vedendomi inebetito ed ancora vestito, mi fece una smorfia di disappunto.
Credo di aver impiegato un nanosecondo a togliermi camicia, pantaloni e slip, e nudo, con il cazzo già duro, l'attirai a me.
Fu lei a posizionarselo tra le sue gambe e cominciò a muoversi avanti ed indietro per farlo scivolare tra le labbra della sua vagina.
Ci baciammo come due amanti, le nostre lingue si stavano attorcigliando nella sua bocca.
Non so chi abbassò le luci e accese lo stereo. Sul ripiano laterale, c'era un vecchio LP, che io ascoltavo quando avevo voglia di rilassarmi e partirono le note del "Concerto di Varsavia".
Il letto ormai era occupato da tutti gli altri, per cui mi stesi sul materasso e la tirai su di me viso contro viso.
Riprendemmo a baciarci, mentre le carezzavo il seno e le stringevo i capezzoli tra le dita. In un attimo mi afferrò il cazzo e se lo mise nella figa.
Entrò tutto fino ai testicoli e, per goderselo fino in fondo, si fermò impalata su di esso.
Fui io a farle iniziare il movimento della cavalcata, anche perché, così costretto, rischiavo di godere subito. Non urlava, ma si stava mordendo le labbra. Era fantastica; vederla così eccitata, mi trasmise una terribile smania di possederla ancora più forte. Quando lei si alzava da me, io la seguivo con il bacino, in modo da non abbandonare mai il contatto con il suo ventre, ma durò troppo poco, e fu lei che si piegò su di me e cominciò a baciarmi.
Di sottecchi notai Riccardo abbandonare il trio e avvicinarsi a noi.
Si mise dietro la moglie e, steso, cominciò a leccare il culo.
Fu il culmine del piacere per Maura; l'urlo secco della donna distolse anche Vittorio e Flavia, che si fermarono di colpo ad ammirare la nostra performance.
Stava godendo; i suoi movimenti divennero frenetici e scomposti; staccatasi dalla mia bocca, con gli occhi rivolti al cielo, si stava gustando il suo piacere.
Riccardo da dietro continuava a leccare e, spingendo la lingua dentro la vagina, raccolse il copioso nettare della moglie.
Ero ancora durissimo per non aver raggiunto il mio piacere; poi, inopinatamente, avvertii il contatto di una mano che prese il mio cazzo e lo tirò fuori dal corpo della donna.
Era Riccardo che, prima se lo strinse nel palmo della mano e poi, dopo averlo asperso di saliva, lo puntò sul forellino ambrato della moglie.
Era stretta, ma fu lei che, aiutandosi con la mano, fece scivolare la grossa cappella nelle sue viscere.
La posizione non era delle migliori, per cui, sempre così posseduta, la feci flettere sul fianco e glielo spinsi completamente dentro.
Una smorfia di dolore accompagnò la penetrazione.
Aspettai, fermo dentro di lei, che le si attenuasse il dolore ed emergesse il piacere.
Fu lei a comunicarmelo avvicinando ancora di più il suo culo al mio bacino:
"Ora... più forte...non fermarti, vienimi dentro, riempimi di sborra!"
La sua era una pietosa cantilena, quasi un lamento, che terminò solo quando venne di nuovo.
Il mio cazzo gioiva in un caldo fodero: il suo retto!
Durai ancora qualche secondo, ma poi le sue ultime contrazioni mi furono fatali. Venni con un rumoroso grugnito e inondai il suo intestino con una lava di crema bollente.
Solo allora ci accorgemmo di aver dato spettacolo: intorno a noi, tutti acclamavano per la magnifica esibizione offerta.


(Continua)



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