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Prime Esperienze

"Prove di accostamento alla trasgressione"


di quartofederico
10.03.2023    |    17.415    |    26 9.9
"Lasciami lavorare e vedrai che, se tutto va bene, raggiungerete presto un'intesa mai avuta prima..."
Tutto iniziò una decina di anni fa. Il nostro matrimonio si stava inesorabilmente logorando. Mia moglie era diventata irascibile, polemica, non le andava bene nulla.
Due anni di inferno! Certo, prima la menopausa che, secondo lei stava minando la sua femminilità, riducendole il desiderio, poi i figli che, ormai grandi, stavano uscendo dalla nostra casa, la stavano facendo piombare in uno stato di profonda tristezza.
Era sull'orlo della depressione.
Non sapevo più come approcciarla. Dovevo escogitare qualcosa, trovare velocemente una soluzione per non mandare a carte e quarantotto quasi trent'anni di matrimonio.
A questo punto è doveroso precisare, che io avevo alle spalle un buon passato da bull e che, qualche anno prima, avevo conosciuto una coppia che versava in un'analoga condizione. Erano alla frutta, non si guardavano più in faccia, sempre imbronciati. Non si sfioravano nemmeno più.
Fu lui che mi raccontò tutto, un giorno, a scuola, in uno dei soliti incontri che avevo con i genitori dei miei alunni
Non so perché lo fece, ma mi venne subito voglia di far qualcosa per aiutarli.
"Le andrebbe di farmi parlare con sua moglie?" gli chiesi.
Ebbe un attimo di esitazione ed io, vedendolo titubante, aggiunsi:
"Potrei cercar di farla aprire. A volte, se è un estraneo a intervenire in circostanze come questa, riescono meglio di persone di famiglia. D'altronde lo sta facendo ora lei con me".
Non rispose, ma, prima di salutarci, mi disse:
" E quando potrebbe parlarle?"
"Ricevo tutti i mercoledì, lo sa bene. Perciò ha una intera settimana per convincerla" gli risposi.
Di sicuro, lo lasciai tra il dubbio e la speranza!
Non credevo che riuscisse a convincerla, eppure, il mercoledì successivo, lei c'era!
La signora aspettò una ventina di minuti che finissi il colloquio con un altro genitore e poi mi si avvicinò, tendendomi la mano. Già la conoscevo, per cui feci finta di scorrere il registro per trovare la situazione scolastica del figlio.
"Vede, signora, il ragazzo è uno che a scuola non dà problemi, ma, da un po' di tempo, lo trovo distratto e, spesso, parecchio pensieroso. Problemi a casa?" esordii.
Non mi guardava, teneva gli occhi bassi e, inaspettatamente:
"Mi dispiace, la colpa è mia: mio figlio sta somatizzando la crisi del mio matrimonio."
"Ha voglia di parlarmene? Vorrei, principalmente, aiutare il ragazzo".
"Tra me e mio marito non c'è più nulla ormai; credo che l'unica soluzione possa esser la separazione" disse, quasi piangendo.
"Lo sa che sono esperto anche in rapporti di coppia? Se vuole,potremmo incontrarci, insieme a suo marito, e cercare, se possibile, di salvare il salvabile".
Un lampo di luce accese i suoi occhi e:
"Sarebbe bello! A me, ma credo anche a lui, farebbe bene. Un piccolo problema: non navighiamo nell'oro, quindi..."
Le presi le mani e gliele strinsi per rassicurarla e:
"Mi creda, questo è l'ultimo dei problemi; ne parli a suo marito e fissiamo un appuntamento. Questo è il mio biglietto da visita."
Glielo porsi e, questa volta, stringendole la mano con più tenerezza, la sentii più disponibile, come pure cambiò il suo sguardo.
Fu lui, il giorno successivo, a chiamarmi. Voleva vedermi. Ovviamente avevano parlato tra di loro. In genere il primo colloquio preferisco farlo con entrambi, ma, vista la sua insistenza, gli diedi appuntamento per le sedici.
Arrivò in anticipo sull'orario e lo trovai ad aspettarmi sotto lo studio. Lo feci accomodare e mi sedetti di fronte a lui dietro la scrivania.
Lo misi, ovvero, cercai di metterlo a suo agio, proponendogli di darci del tu, e gli chiesi il perché della sua richiesta di vedermi da solo.
In effetti voleva sapere in cosa consisteva la terapia e ribadì pure lui che, non avendo molte possibilità economiche, a cosa andava in contro.
Per l'ultima questione lo rassicurai subito che, in un modo o nell'altro, avremmo risolto e poi, prima di spiegare il lavoro che volevo fare su loro due, gli chiesi diverse informazioni. Così seppi, che si conoscevano da più di venti anni e che, prima di lui, c'erano stati un paio di fidanzati, ma che era arrivata vergine al matrimonio. Seppi pure che erano mesi che non avevano rapporti sessuali: lei si sentiva brutta e il calo del desiderio era stato sempre più consistente nel corso degli anni.
"E tu, come sfoghi la tua libido. Ti masturbi?"
Annuì
"Fantasie su di lei, su altre o altri?"
"Spesso su di lei, mi eccita pensare che altri la desiderino" rispose abbassando lo sguardo.
"Glielo hai mai detto?" fece no, con la testa.
"Ma tu, cosa provi per lei?" chiesi a bruciapelo.
"L'amo alla follia e non voglio perderla" rispose guardandomi, questa volta, negli occhi.
"Vedi, vorrei lavorare proprio su questo tuo desiderio. Ho bisogno di parlare da solo con lei.
Mi alzai e, stesagli la mano, l'accompagnai alla porta. Sull'uscio, aggiunsi:
"Nel caso ci riuscissimo, tu vorresti esser presente?" chiesi
"Certo" - rispose senza esitazione - Ma perché? Vorresti esser tu?"
Non concluse la frase, né risposi, ma era evidente che questa sarebbe stata la giusta ricompensa. Così facendo, non sarei stato più lo psicologo di coppia, ma il corteggiatore di sua moglie.
"Un'altra cosa: come ti chiami?" chiesi.
"Raffaele e mia moglie, Tania" rispose.
L'attesa della telefonata di Tania durò un giorno. Mi chiamò l'indomani ed ero già nello studio.
"Pronto, sono Tania, la mamma..."
"Buongiorno - risposi in modo cordiale, ma deciso; poi, senza preamboli - Quando ci vogliamo vedere?"
"Dica lei, se per lei va bene, anche domani. Mio marito ha il pomeriggio libero e potrebbe accompagnarmi" rispose.
"Per me domani va benissimo, ma, per par condicio, vorrei vederla da sola. Mi creda, è necessario".
Rimase per qualche secondo in silenzio, poi:
"Se è davvero necessario... mi dica, a che ora?"
"Dalle sedici sono allo studio ad aspettare lei".
In effetti quel giorno non facevo studio, ci sarei andato proprio per lei.
"Va bene, ci verrò" disse sussurrando.
Un orologio svizzero! Alle quattro in punto la vidi arrivare. Spiavo dalla finestra dello studio e un secondo dopo il cicalino del citofono fece sentire la sua musichetta.
"Sono Tania"
Feci scattare la serratura, ma prima aggiunsi:
"In fondo al cortile, sulla destra".
Aprii la porta d'ingresso e le andai incontro. Cominciava a far caldo. Indossava jeans e maglioncino a collo alto, scarpe basse con il soprabito sul braccio. Una donna comune, come comune poteva esser la mia vicina di casa. Eppure, c'era in lei qualcosa che mi incuriosiva, mi eccitava. Doveva aver poco meno di cinquant'anni, ma non si curava abbastanza, per cui sembrava più vecchia. Certo che di lavoro ce n'era da fare! Ma ormai avevo deciso: avrei fatto di tutto per tirar fuori la femmina che sicuramente albergava in lei.
Entrammo nello studio fianco a fianco e, a differenza di come avevo fatto con il marito, la feci accomodare sul divanetto che, generalmente, usavo come lettino per le terapie. Io mi sedetti su una delle poltroncine che completavano quel piccolo, ma intimo salottino.
Era abbastanza a disagio, ebbi l'impressione che percepiva l'incontro come una visita medica e non come il dialogo con uno psicologo. La guardavo in silenzio e sentendosi osservata, abbassò gli occhi e fece un respiro breve.
"Senta Tania, possiamo darci del tu? - E stendendole la mano - Mi chiamo Federico" dissi..
Mi porse la sua, era fredda, ma la stretta fu molto intensa.
"Ed io sono Tania" rispose, regolando in quel momento il respiro.
"Mi devi perdonare, ma devo farti un po' di domande per conoscere a fondo il tuo vissuto".
Annuì e così seppi che aveva quarantanove anni e che aveva conosciuto Raffaele a ventidue. Lei veniva da un fidanzamento parecchio burrascoso, e lui le sembrò la classica ancora di salvezza. Si sposarono, due anni dopo, subito il primo figlio, poi l'altro dopo quasi dieci anni. I primi anni, anche se pieni di difficoltà, soprattutto dal punto di vista economico, li avevano passati a casa con i suoceri, poi si erano trasferiti in un appartamentino preso dapprima in affitto e poi, con tanti sacrifici, acquistato. La feci parlare a ruota libera. Aveva bisogno di aprirsi, di alleggerirsi da un peso grosso che si portava dentro.
"Ma, i tuoi rapporti intimi con Raffaele?" chiesi.
Mi guardò e scuotendo la testa, rispose:
"Vedi, Federico, all'inizio la poca esperienza mi portò a pensare che, mettere il pisello nella fighetta e fare il dentro fuori per una decina di volte, fosse il top del piacere. Lui ansimava, veniva, si scostava e mi guardava soddisfatto. Mi chiedeva anche se mi fosse piaciuto. Spesso gli dicevo che era stato bello, ma mentivo, poi si girava dall'altro lato e si addormentava. Io cominciai pure a colpevolizzarmi: pensavo d'esser frigida e bigotta, che ero io ad esser sbagliata e, rimuginando, cercavo di prender sonno. L' amaro che mi lasciava in bocca si trasformava in rabbia, ma non contro di lui, purtroppo. Ma poi, tre anni fa, parlandone con la mia ginecologa, capii che le cose non stavano affatto così"
"E allora?"
"Niente. Il guaio è che non ho mai avuto il coraggio di parlargliene, forse per il troppo affetto, forse per non mortificarlo. Mi son chiusa ancor più in me stessa e, pian piano, lui ha anche smesso di cercarmi."
Il quadro ora era completo. Non c'era tempo da perdere. Bisognava cominciare a lavorare sul suo corpo.
"Senti, Tania, la prossima seduta la faremo mercoledì prossimo. Venite assieme, ma vorrei che cominciassi a mettere in risalto la tua femminilità."
"É una parola! - rispose sorridendo - secondo te, cosa dovrei fare?"
"Ci penso e te lo faccio sapere; lasciami il tuo cellulare."
Il lavoro era iniziato, mi sarebbe però servita l'assoluta complicità del marito.
Raffaele gestiva una piccola attività artigianale, che aveva ereditato da che il padre era andato in pensione. Si trovava nel centro storico ed io, l'indomani mattina, decisi di andare a trovarlo. Arrivai sul posto che erano quasi le undici e lo trovai intento a mettere in ordine la bottega. Fu stupito e contento nel vedermi, mi strinse la mano e mi condusse nel retro, dove aveva uno studiolo. Preparò la moka e mentre il caffè saliva:
"A che debbo questa visita?" chiese.
"Tania ti ha detto qualcosa? - domandai, mentre lui si alzava per versare il caffè. "Ieri abbiamo parlato a lungo e le ho chiesto che deve sforzarsi per tirar fuori la femmina che c'è in lei. Tu vuoi davvero realizzare la tua fantasia?"
"Anche se la cosa mi spaventa e non poco, credo, per il bene mio ma, soprattutto suo, che debba farlo" rispose, porgendomi la tazzina.
"Allora devi esser mio complice. Ho bisogno di sapere parecchie cose su di lei e tu me le devi fornire".
"Siamo rimasti d'accordo che le avrei consigliato come vestirsi, per esser più attraente: dimmi tu, che conosci il suo guardaroba, cosa farle indossare?. Sicuramente avrà dell'intimo che a te piace in particolar modo e, poi. un profumo che lei ama di più."
"Ma sei certo che richieste così insolite non la facciano scappare?"
"Credo di no, specie se tu farai alla lettera tutto quello che poi ti suggerirò".
E così mi disse che lei usa i pantaloni più per nascondersi che per comodità. Le gonne, quelle al ginocchio, sono le sue preferite, abbinate a stivali. Per quanto riguarda l'intimo, non ne ha una vasta gamma, ma senza farsene accorgere, avrebbe dato uno sguardo.
"Ha i capelli lunghi, bellissimi, come dovrei consigliarle di pettinarseli?"
"Le piacciono lisci o appena appena ondulati sulla nuca? Di solito è sua cugina a farle da parrucchiera e tutte le settimane viene a casa nostra a pettinarla."
Tutto questo me lo raccontò con un entusiasmo che mi indusse a pensare che la cosa davvero lo eccitasse.
"Che hai in programma, per mercoledì?" chiese incuriosito.
"Non voglio anticiparti nulla, ma se mi fai da spalla, anche se poco, qualcosa succederà!"
Mi alzai per accomiatarmi e lui mi fermò.
"Posso sapere, per sommi capi, che ti ha detto Tania?"
Sorrisi e:
"Abbi un attimo di pazienza. Proporrò, in seduta, un faccia a faccia in modo che vi possiate raccontare tutto quello che serve per chiarirvi. Lasciami lavorare e vedrai che, se tutto va bene, raggiungerete presto un'intesa mai avuta prima. Quando mi fai sapere quello che ti ho chiesto?"
"Lunedì ti chiamo" rispose, rasserenato e stringendoci la mano ci salutammo.
Le informazioni arrivarono il lunedì, nel tardo pomeriggio. Raffaele mi chiamò e mi raccontò pure di una strana euforia che aveva notato in sua moglie.
Non persi tempo, congedato il marito chiamai subito Tania.
"Pronto, ciao, come stai, disturbo?" chiesi
"Ciao, sei tu?... No affatto. Diciamo bene, comunque hai trovato poi la soluzione... ai miei problemi?" rispose ironizzando.
"Ho pensato a qualcosina e credo che, prima di iniziare a lavorare con l'ego ed il corpo, suggerirei di migliorare la propria visibilità. Quindi, ora ti dico come sarebbe il caso ti vestissi. Posso?"
Forse l 'avevo incuriosita, sentii un tono diverso
"Ok, vediamo - rispose - unica cosa non proporre minigonne, che ho sempre odiato, e non ho mai indossato nemmeno a diciott'anni."
"Veramente pensavo ad un abitino nero, ma anche ad uno scamiciato al ginocchio con sotto una bella camicia bianca. Calze a rete nere, magari autoreggenti, e stivaletti neri con il tacco che slanciano. Poi, ti prego, elimina quel bruttissimo reggiseno sportivo, che evidenzia la muscolatura, mortificando una delle cose più belle di una donna: il seno. A questo punto, mi permetto di suggerire anche l'intimo: reggiseno leggero e perizoma o, al massimo, tanga, magari in pizzo, per valorizzare al massimo le tue forme. Capelli, i tuoi sono bellissimi, ci vuole davvero poco per ottenere una bella pettinatura, magari appena ondulati, solo alla nuca. Poco trucco, appena un velo di rossetto e smalto per le unghie coordinato con il colore delle labbra. Che pensi, posso fare il tuo stilista oltre che il tuo psicologo?"
"Tania ci sei?"
"Sì, scusa, mi stavo immaginando come tu mi hai descritto. Certo che mi piace, sempre così deciso con le tue pazienti? Chissà se ci riesco, ora mi sale l'ansia, perché sono così sciocca?"
"Vorrai dire sensibile, e questo è un pregio, non un difetto"
Un "ciao mamma" dall'altro capo del telefono, mi fece capire che non era più sola, difatti:
"Ti devo salutare, è rientrato mio figlio, il grande, ci risentiamo, no ci vediamo dopo domani. Ciao"
"Ciao e... un bacio" osai.
Chiusi la comunicazione e rimasi un attimo a riflettere, poi, decisi che il prossimo mercoledì dovevo restare, per almeno una ventina di minuti, solo con lei. Composi il numero di Raffaele e, senza dar troppe spiegazioni, gli chiesi di far in modo di arrivare una ventina di minuti più tardi rispetto alla moglie: avevo bisogno di parlare da solo con Tania. Pur non sentendolo troppo convinto, mi disse:
"Mi voglio fidare, so che lo fai per il nostro bene. Non ti preoccupare: organizzo tutto io!"
Il resto del pomeriggio non riuscii a realizzar nulla o quasi.
Il pensiero dell'incontro con Tania e Raffaele tenne occupata la mia mente, facendomi fantasticare. Ero eccitato e non solo fisicamente, soprattutto mentalmente. Cosa mi sarei dovuto aspettare dal prossimo incontro? Sarei riuscito a concretizzare qualcosa con quella splendida femmina?
Fortuna volle che l'ultimo paziente della giornata, mi diede buca, per cui, dopo aver rimuginato ancora un po', chiusi lo studio e mi avviai verso casa.
Mentre percorrevo la strada del rientro, mi chiamò mia moglie e la sua voce, anche se famigliare, non so come, mi fece ritornare in mente Tania e, solo quando mi chiese di passare in farmacia a comperare una crema, mi ripresi.
Avevo voglia di sesso e la sera, dopo cena, seduti sul divano, cominciai a stuzzicarla. Eravamo soli, con i figli fuori ed abbastanza sereni.
Sapevo dove toccare, dove carezzare, come farla sciogliere. Anche lei doveva aver lo stesso desiderio, per cui si lasciò andare e, dopo un bacio appassionato sul collo, proprio dietro l'orecchio, la presi in braccio e, mentre lei sorridente si stringeva a me, la portai in camera da letto.
La spogliai mentre lei faceva lo stesso con me, la spinsi delicatamente sul letto e mi inginocchia tra le sue gambe penzoloni e cominciai a baciare, leccare, mordicchiare la sua vagina già umida di profumati umori. Lei mi teneva la testa quasi temesse potessi smettere e non portare a termine il godurioso preambolo. Sentivo il suo ansimare misto a piccole grida. Il culmine giunse quando presi tra le labbra il suo clitoride rigido, indurito. La vidi sobbalzare sul letto ed il culo cominciò a muoversi ritmicamente. Sapevo che, se avessi proseguito in quella pratica, ne avrebbe avuto fastidio, per cui mi fermai un attimo per farla rilassare e, a mia volta, prender fiato da quella goduriosa apnea. Poi risalii su di lei e, dopo un bacio all'ombelico ed ai capezzoli ritti come spini, guidato dalla sua mano, la penetrai. Entrai in lei in un sol colpo e, baciandole le labbra, le spinsi la lingua nella sua bocca.
Venne subito ed io continuai a pomparla; stavo per esplodere, quando lei mi sussurrò:
"Ho ancora voglia: inculami!"
Mi sfilai e, alzate le sue gambe sul suo ventre, ridiscesi con il viso e raggiunsi la sua vagina che baciai con veemenza; poi scesi ancor più giù e leccai il suo perineo bagnato dai suoi stessi umori. Raggiunsi l'ano che sembrava palpitasse. La lingua lo lambì e il fremito di lei divenne quasi spasmodico.
"Dammelo, ti prego, non resisto più" quasi urlò.
Allungai la mano e presi il gel, con cui umettai l'ingordo buchetto. Spinsi il medio al suo interno e poi mi posizionai adeguatamente tra le sue gambe. Mi guardava negli occhi. Uno sguardo che, se da un lato anelava, dall'altro implorava di far piano e, quando sentì la cappella poggiarsi sull'orifizio, chiuse gli occhi e, facendo un profondo respiro, permise che la penetrassi.
Si teneva i glutei aperti con entrambe le mani e, quando le fui tutto dentro, si rilassò. Prese a stringermi forte e, baciandomi, cominciò a ruotare il bacino. Dovevo resistere, doveva godere di nuovo e, quindi, molto lentamente, cominciai a pomparla, entrando ed uscendo dal suo ano. Credo che il tutto sia durato più di cinque minuti, poi iniziò a mordersi le labbra ed a strabuzzare gli occhi, facendomi avvertire distintamente le contrazioni di quel retto: non riuscii più a trattenermi e venni in lei.
Le crollai addosso ed i nostri respiri alterati si stavano normalizzando, quando il mio cazzo, ormai barzotto, se ne stava uscendo da quella ospitale tana.
Con uno scatto, si girò sul fianco e, pian piano, tornò, nuda, nella sua zona del letto. Adorava tener dentro di sé il prodotto della nostra lussuria.
"Amore, passami un fazzoletto di stoffa, mi laverò domattina. Vienimi vicino."
Questa è mia moglie, ovvero mia moglie qualche anno fa! Mi distesi accanto a lei, rilassato e soddisfatto, ma, prima di prender sonno, mi ritornò in mente l'impegno preso con Tania e Raffaele.
(continua)
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